È ormai più di una settimana che l’acceleratore LHC è in funzione con due beam stabili a 450 GeV.
Ha addirittura avuto un picco a 1.18 TeV lo scorso 9 Dicembre, ovvero l’energia più alta raggiunta finora in un acceleratore di particelle, per poi tornare a 450 GeV per ottenere almeno un milione di eventi a quell’energia da analizzare.
Dovremo aspettare il 2010 per raggiungere l’energia massima dell’acceleratore, ovvero 7 TeV per ciascun fascio. Già adesso, però, possiamo dire una cosa: siamo ancora qui!
La storia degli acceleratori di particelle ci ha insegnato che queste macchine hanno sempre suscitato del timore nella popolazione. Walter L. Wagner aveva già intentato causa all’acceleratore RHIC, costruito a Long Island, NY, che ormai sta raggiungendo la fase finale della sua vita ma non ha attentato la sicurezza di nessuno.
Eppure il signor Wagner non si è lasciato scoraggiare e, abbandonando la sua carriera da fisico per una più proficua carriera in campo legale, e ha perseguito la sua battaglia contro gli acceleratori di particelle denunciando il Large Hadron Collider, dedicandosi assieme a Luis Sancho e Otto Roessler alla difesa dell’umanità contro l’LHC.
La loro teoria è che durante le collisioni dei protoni possano crearsi dei micro buchi neri che possono di conseguenza risucchiare tutta la Terra, portando alla fine dell’umanità.
Tale scenario sembra aver colpito incredibilmente il pubblico, tanto che i fisici del CERN hanno addirittura ricevuto minacce di morte se non avessero interrotto l’esperimento.
A poco sono valsi i tentativi di rassicurazione dei più grandi fisici mondiali, come Stephen Hawking o Brian Greene, ma oggi possiamo vedere coi nostri occhi che siamo ancora qui, e che la Terra sta affrontando rischi per la propria sopravvivenza ben più gravi di un acceleratore di particelle.
Ma vediamo un po’ più nel dettaglio le ragioni per cui possiamo dormire sonni tranquilli, almeno da questo punto di vista.
Il pericolo che ha suscitato il maggiore interesse da parte dei media, probabilmente perché di maggior impatto immaginistico nella mente della popolazione è il rischio di creare dei micro buchi neri stabili che pian piano risucchino tutta la Terra.
Nella geometria standard, che corrisponde allo spazio quadrimensionale con 3 dimensioni spaziali e una temporale, per produrre un buco nero è necessaria una concentrazione di massa assolutamente irriproducibile in laboratorio.
Per fare un esempio, il pianeta Giove dovrebbe essere più massivo di quanto è di circa 2 milioni di volte, per collassare autonomamente in un buco nero. Come ho spiegato in diversi post precedenti, però, la fisica di oggi sente il bisogno di andare oltre al Modello Standard, e esplorare le possibilità di una nuova fisica.
In alcune teorie lo spazio può essere descritto con delle dimensioni aggiuntive e, in questo scenario, potrebbe essere possibile creare dei buchi neri in laboratorio, a causa del fatto che la forza di gravità diventerebbe molto più intensa a distanze estremamente ravvicinate.
Le particelle, quindi, per poter creare un buco nero dovrebbero essere vicinissime, con una distanza tra loro dell’ordine della scala di Planck. Questa scala, che tratta valori di energia estremamente alti e di lunghezza estremamente piccoli è un campo di studio interessantissimo per sondare una nuova fisica, perché è proprio la scala in cui il Modello standard fallisce.
Per avvicinare le particelle a queste distanze è necessaria un’energia che non è mai stata disponibile finora. L’LHC potrebbe essere il primo laboratorio per la verifica di tali teorie. In particolare uno scenario interessante sarebbe il caso in cui si potesse creare un buco nero con una massa vicina alla scala fondamentale (di Planck, appunto), che corrisponderebbe ad un buco nero con un raggio estremamente piccolo.
Questo perché, come detto in precedenza, un tale fenomeno potrebbe avvenire solo in presenza di dimensioni extra, che però, in tutte le teorie, sono “compattificate”, ovvero sono così piccole da non essere notate.
In pratica noi vediamo solo 3 dimensioni perché le altre sono troppo piccole per essere osservate (e con osservate intendo con qualsiasi mezzo a disposizione finora). Il buco nero, quindi, dovrebbe avere un raggio inferiore alla lunghezza della dimensione extra, come calcolato in un articolo di Myers e Perry del 1986.
A questo punto è possibile trattare il buco nero come una particella elementare. Come tutte le altre particelle, infatti, è descritto da una massa, uno spin e una sezione d’urto, ovvero la sua capacità di interagire con altre particelle.
Se il metodo di descrizione è chiaro, però, i valori in questione sono ignoti, poiché un tale buco nero non rientra assolutamente nello “zoo” di particelle descritte dal Modello Standard. Ciò nonostante è possibile fare uno studio approssimativo e calcolare la probabilità di osservazione di questi buchi neri.
Nonostante la difficoltà di realizzazione di un tale scenario, ci sono ancora dei fisici ottimisti, che sperano di osservare un tale fenomeno.
Dunque, se sperano di osservarlo, vuol dire che siamo in pericolo?
Ebbene, la risposta è ancora no. Infatti, come descritto, questi buchi neri hanno ben poco da spartire con i loro “fratelli maggiori”, che vivono nelle 3 dimensioni macroscopiche e che hanno raggi di azione altrettanto macroscopici.
Una cosa che, se esitono, condividono con gli altri buchi neri, è la famosa “radiazione di Hawkings“, che sostiene che un buco nero “evapora”, ovvero emette particelle, con una temperatura che è inversamente proporzionale alla sua massa.
Quindi i micro buchi neri in questione avrebbero una temperatura di circa 200 GeV, cioè 10^16 gradi kelvin! Per valutare la frequenza di evaporazione è necessario valutare, in questo caso, più fattori rispetto ai buchi neri classici. Normalmente si tiene conto di tutte le particelle disponibili nel modello standard e dei loro gradi di libertà.
In questo scenario, però, le particelle normali sono confinate delle dimensioni classiche e possono uscirne solo tramite i gravitoni, cioè le particelle responsabili della forza di gravità, che sono le uniche particelle in gradi di viaggiare tra le dimensioni normali e quelle extra.
Uno studio molto approfondito, che a causa del mio diverso background faccio molta fatica a seguire, spiega come sia possibile, all’interno di una determinata teoria, calcolare il rate di evaporazione di questi micro buchi neri e dargli una vita media di 10-27 secondi.
Se le considerazioni teoriche non danno pace ai detrattori dell’LHC, è possibile essere rassicurati da osservazioni sperimentali.
Come ho accennato in passato, infatti, l’Universo è permeato da una radiazione di particelle ad altissima energia, chiamate Raggi Cosmici. Queste particelle raggiungono energie superiori a quelle dell’LHC di più di 6 ordini di grandezza.
Per capirci, la massima energia raggiungibile dall’LHC si piazza solo a metà dello spettro energetico dei raggi cosmici. Se queste particelle ad altissima energia fossero in grado di creare i micro buchi neri descritti in precedenza, avremmo un modo indiretto di osservarli.
Se uno di questi micro buchi neri venisse creato sulla Terra non ce ne accorgeremmo nemmeno, a causa della ridotta velocità di fuga del nostro pianeta. Infatti essi continuerebbero a viaggiare con una velocità quasi uguale a quella della particella incidente, e attraverserebbero il nostro pianeta senza che ce rendessimo conto (sarebbe interessante vedere, però, se un rivelatore di neutrini potesse osservarli… ;-) ), ma questo discorso non varrebbe in una stella a neutroni. In tali stelle la velocità di fuga è estremamente più alta, e i micro buchi neri rimarrebbero intrappolati nel centro.
A questo punto dovremmo quindi aspettarci che le stelle a neutroni vengano mangiate dal proprio interno in continuazione, ma questa osservazione non trova risontro nella realtà.
Aspettiamo quindi fiduciosi che l’LHC vada a regime e ci risolva un po’ dei dubbi che la fisica non è riuscita ancora a risolvere!