Nel mio ultimo post dedicato alla fotografia ho accennato alle Lomo, macchine fotografiche sovietiche di scarsa qualità, che con gli artefatti generati dalle lenti non solo hanno saputo conquistare il cuore di tantissimi appassionati, ma hanno dato vita ad una vera e propria filosofia della fotografia.
Tutt’oggi le Lomo, insieme alle Holga, sono molto richieste, come si capisce dal numero di macchine disponibili su eBay, ma soprattutto dal prezzo di vendita.
Ma c’è un altro marchio importante, molto apprezzato dai “lomografi” che è riuscito a sopravvivere nel tempo surfando l’onda artistica delle fotoa basso costo: Diana.
Macchine fotografiche nate per essere più che popolari e dalle fattezze economiche a dir poco, hanno ottiche intercambiabili in plastica con aberrazioni cromatiche evidentissime e una nitidezza infima, ma anche splitzer per fotomontaggi istantanei (una galleria di esempi su cosa permettono di fare) e fori stenopeici otturati soltanto da pellicole di gel colorato.
Per chi volesse portare tutto questo ben di Dio nel mondo digitale (o su pellicola da 35 mm) sono stati pensati degli adattatori, disponibili per Nikon e Canon. L’unico problema riguarda l’area di utilizzo delle lenti, che risulta diverso in base alle dimensioni del sensore delle macchine, e piùttosto irrisorio nel caso di utilizzo su macchine con sensore DX o APS-C.
La foto seguente mostra l’area di utilizzo a seconda del sensore o della pellicola utilizzati.