Ci sono giochi che rimangono impressi nella memoria per una grafica o per un sonoro straordinari, altri li ricordiamo per un gameplay frenetico, o per un’atmosfera coinvolgente. Pochi giochi, e sono quelli che popolano le posizioni più alte nelle classifiche di gradimento dei nostalgici informatici DOC, eccellono in tutte queste qualità, al punto da rappresentare un ottimo passatempo anche a vent’anni di distanza.
A quest’ultima categoria appartiene di certo la serie Lotus Turbo Challenge, nata nel 1990 col primo episodio: il glorioso Lotus Esprit Turbo Challenge. Un gioco creato attorno alla straordinaria sportiva britannica Lotus Esprit Turbo SE, già vista (in una versione precedente) e guidata in The spy who loved me, discreto gioco basato sull’omonimo film di James Bond.
Lotus Esprit Turbo Challenge, capostipite della serie, è un gioco di corse arcade, con visuale in terza persona, per uno o due giocatori simultaneamente, capace di offrire un senso di velocità senza precedenti, grazie ad uno scrolling fluidissimo, anche in modalità split screen.
A pochi secondi dallo scatto dentro al lettore floppy, il gioco partiva con una libidinosa introduzione audio orchestrale, che grandi dolori di fegato procurava agli sfortunati possessori di PC, abituati al suono gracchiante di un beeper. L’attacco del leggendario tema sonoro del gioco, accompagnava quindi un’introduzione basata sulla descrizione dell’Esprit, che salutava con un flash dei fari a scomparsa. Come resistere alla tentazione di premere fire e gettarsi nella mischia?
Rilasciato per varie piattaforme a 8 bit e i due “titani” a 16 bit Amiga e Atari ST, il primo Lotus era così focalizzato sulla modalità multiplayer, da mostrare, quando il giocatore non aveva un amico da sfidare, non lo schermo intero ma lo split con grafica riempitiva nel riquadro inferiore. Anche in modalità giocatore singolo, il gioco era in effetti capace di offrire grossi spunti di divertimento: i tracciati sempre diversi e sempre più difficili garantivano un interesse prolungato, sicché Lotus finiva regolarmente per essere sempre uno dei primi floppy nel portadischi (rigorosamente con serratura in plastica!).
Ma la vera libidine era, per l’appunto, la modalità multiplayer, ed era lì che le amicizie finivano in rissa e i joystick volavano per la stanza: come descrivere il senso di frustrazione provato quando l’avversario ti costringeva fuori pista, o addirittura contro un ostacolo? Come dimenticare le imprecazioni che piovevano copiose quando uno di quegli idioti comandati dal computer tagliava la strada, lasciando via libera al marrano sghignazzante al nostro fianco, o quando si cannava il pit stop, per finire miseramente a secco sul lato della pista? E poi, quanti switch cambiati al fido Competition Pro a causa di Lotus?
Sensazioni di certo incomprensibili per chi nel 1990, anno di rilascio del primo Lotus, era ancora impegnato con pannolini e biberon, ma capaci di raccogliere lo spirito di un’epoca passata, che solo alcuni titoli per console e PC oggi possono vagamente rievocare.
Raccogliere l’eredità di un capolavoro come Lotus Esprit Turbo Challenge, non era roba da poco. Sviluppare un sequel degno del suo predecessore, un’impresa quasi disperata. Eppure la Magnetic Fields, per mano dei due sviluppatori Shaun Sanders ed Andrew Morris, riuscì nell’impresa, con Lotus Turbo Challenge II (1991).
Identico gameplay, qualche ritocco come le alterne condizioni meteo e la grafica arricchita, la modalità single player in full screen, la possibilità di scegliere la mediocre Lotus Elan (con motore 1.6L turbo della Isuzu!), ma soprattutto la stessa sensazione di velocità, per un gioco che riuscì addirittura meglio dell’originale.
Peccato per la terza release, Lotus III: The Ultimate Challenge (1992), afflitta da una minor velocità, solo in parte compensata da una grafica ancora più ricca di dettagli, ma comunque degna di essere ricordata.
Così come va ricordato Jaguar XJ220, sviluppato dalla Core attorno alla velocissima supercar britannica, e contraddistinto da un gameplay quasi identico alla serie Lotus.
Peccato che l’Amiga non sia vissuto abbastanza da veder nascere la più grande auto sportiva di sempre, la McLaren F1. Al comando di quella belva, magari su un sistema basato su 68040 o PPC, ne avremmo viste delle belle…