“Quando il cammino si fa duro, il bardo se ne va a bere”, recitava lo slogan della pubblicità inglese di una delle pietre miliari del genere RPG, The Bard’s Tale (1985). Un gioco abbastanza vasto da richiedere l’uso sistematico di carta e matita per disegnare le mappe, caratterizzato da una visuale divenuta sempre più un classico del genere, ricco di tutti quegli elementi che hanno fatto, negli anni ’80 la fortuna del genere RPG.
Soprattutto, caratterizzato da una grafica essenziale, calibrata sulle capacità dei sistemi a 8 bit, che mortificava la potenza di sistemi come Amiga e Atari ST. Un impatto visuale quindi scarno, suoni non allo stato dell’arte – parliamo sempre di 24 anni fa – un gameplay perfettibile. Una somma di difetti, d’altronde comuni ai primissimi Wizardry e Ultima, che andavano a creare grosse lacune nel realismo.
Fra l’immagine pixellata di un goblin e il suono stridente di un beeper, nella resa cromatica poco fedele come nell’ampio ricorso a oggetti emblematici dell’universo RPG, resi con una manciata di pixel, ecco, in tutti questi vuoti, s’inseriva tuttavia la fantasia del giocatore a fare da collante.
Come cemento per tenere insieme i grezzi blocchi dell’esperienza visiva e sonora, la fantasia assumeva un ruolo preponderante, offrendo ai pionieri del joystick e della tastiera, un livello di partecipazione emotiva che forse oggi, in tempi di fotorealismo, non ha più motivo di esistere.
Prepariamoci dunque ad entrare, spada al fianco e armatura ben allacciata, nel mondo di cui un bardo di passaggio canta la storia, mentre in taverna si scampa in buona compagnia, il freddo dell’ennesima notte d’inverno:
The song I sing
Will tell the tale
of a cold and wintery day;
Of castle walls
And torchlit halls
And a price men had to pay.
When evil fled
And brave men bled
The Dark one came to stay,
Till men of old
For blood and gold
Had rescued Skara Brae.
“Molto tempo fa, quando la magia ancora regnava su questa terra, il malvagio stregone Mangar lo Scuro, minacciò una piccola e armoniosa cittadina chiamata Skara Brae. Creature maligne riempirono Skara Brae, per sostenere il dominio dell’ombra. Mangar circondò la città di un inverno eterno, isolandola da ogni possibile intervento esterno. Una notte, infine, l’intera milizia scomparve.”
A chi altri potrebbe essere affidato il destino del villaggio, se non a un manipolo di sei valorosi, nani, guerrieri, elfi e hobbit, comandati a distanza da un potente Commodore 64?
Abbandonato con pochi indugi il calduccio del focolare e i boccali di birra, ai nostri eroi tocca tuffarsi in una prospettiva in prima persona, ambientata tanto all’esterno quanto nel profondo di dungeon sterminati, pieni di mostri e trappole.
Durante l’avventura, i giocatori – le cui caratteristiche seguono un sistema di regole simile a quello di D&D – dovranno fare i conti con numerosi incontri casuali, risolvere enigmi e indovinelli, equipaggiarsi con armi e incantesimi sempre più letali, raccogliere tesori ed accumulare esperienza per lo scontro finale.
Una trama “paradigmatica” per il genere, che The Bard’s Tale, assieme a Wizardry e Ultima, contribuisce a fondare. Dalla generazione dei caratteri, scelti in base a razza, caratteristiche fisiche e classe, all’interazione con negozi di articoli magici e da combattimento, fino alle sinistre ghigne dei nemici che s’incontrano casualmente nel gioco, accompagnate da frasi d’effetto nella parte destra dello schermo, The Bard’s Tale rappresenta niente più e niente meno che una solida radice del genere videoludico RPG.
Nella memoria di chi gli ha dedicato settimane, rimangono ben impresse le sequenze di caratteri da inserire a mano – dopo averle lette sul manuale del gioco originale – per scagliare incantesimi contro gli avversari, le improvvise aggressioni nemiche, ma soprattutto un’atmosfera capace di condurre la mente lontano da compiti e pagelle, in un mondo fantasy in cui molti, allora meno che adolescenti, almeno una volta hanno sognato di vivere e combattere per la propria amata – che magari era la compagna di banco!
Al gioco, che ha avuto due sequel e un remake parodistico nel 2003, è tuttora dedicata un’ampia comunità di appassionati, nonché innumerevoli siti (fra cui segnalo questo, o questo), pieni di walkthrough, guide, trucchi, cheat e dei codici indispensabili per lo spellcasting.
Se avete già avviato il WinUAE per giocarlo o rigiocarlo, tenete presente che dal punto di vista grafico non è un capolavoro. Se avrete però la pazienza di giocarlo per qualche ora, ricordando che quando è uscito magari non eravate ancora nati, capirete per quale motivo è diventato una leggenda: i giochi di una volta, come il vino buono, svelano il gusto poco a poco.