Partiamo oggi con una serie di mini post che potremmo intitolare “pillole di retrocomputing”, brevi cenni e autentiche chicche da un’epoca a lungo rimpianta.
Nel lontano 1986, presso il faraonico Comdex di Las Vegas, la rivoluzione dei cloni 386 era in pieno corso, con una pletora di produttori statunitensi fra cui la mitica Compaq, ma anche numerosi Giapponesi e Taiwanesi, a tentare di erodere le quote di mercato della IBM nel mercato PC.
Presso questo stesso evento, ancora carico dell’entusiasmo pioneristico, mentre i primi CD-ROM facevano capolino sul mercato con capacità di storage apparentemente illimitate, un’azienda giapponese, la Konica, presentava il prototipo di un prodotto tanto rivoluzionario, quanto ignoto, che l’evoluzione ha consegnato all’oblio: un lettore floppy da 5″ e un quarto, il KT-510, capace di contenere la bellezza di 10,7 MB (laddove gli hard disk dell’epoca a malapena superavano i 40 MB, per costi esorbitanti).
La velocità di trasferimento, tramite bus SCSI, raggiungeva il considerevole tetto di 1,2 MB/s in modalità burst, mente il tempo d’accesso dichiarato era di 75ms, non proprio esaltante.
Esternamente, il lettore somigliava a un comune dispositivo di quelli per floppy ad alta densità da 1,2 MB.
All’interno tuttavia un servomeccanismo ad alta precisione (480TPI contro le 96 dei normali 5 e 1/4), una logica avanzata per la correzione di errori e testine in ferrite di nuova generazione, consentivano di raggiungere una densità di memorizzazione del tutto inedita, complici supporti trattati superficialmente con ossido di ferro.
Nel 1986 tuttavia, la il focus andava spostandosi decisamente verso formati da 3,5″. Inoltre il dispositivo garantiva retrocompatibilità in sola lettura con i comuni supporti da 360, 720 KB e da 1,2 MB. Ultimo ma non ultimo, la tecnologia non era standard, e Konica non era IBM…
Per chi volesse cimentarsi con un po’ di documentazione tecnica in giapponese, la pagina riguardante il KT-510 è questa.