Fra i contorti meandri della storia videoludica, esisteva un tempo in cui, in qualunque direzione muovessi il joystick, non importa quanto velocemente, la palla rimaneva incollata al piede del giocatore.
Erano per gli amighisti, i tempi di Microprose Soccer (programmato da una certa Sensible Software), quindi l’inizio del 1989, un gioco che molte vittime ha mietuto, forse anche in ragione di questa caratteristica, fra gli oblunghi Quickshot dell’epoca.
Microprose Soccer, per gli amici “microsoccer”, gioco marcatamente arcade e complessivamente piuttosto mediocre, conserverebbe un posto più importante nella memoria videoludica di molti commodoriani, se non fosse che a pochi mesi dal suo rilascio arrivò Kick Off (1989, alias Franco Baresi World Cup Kick Off), un’autentica pietra miliare del genere simulazione calcistica, la cui fama sopravvive intatta a distanza di decenni.
Ritenuto da molti uno dei migliori, se non il migliore, gioco di calcio mai apparso su computer o console, Kick Off è il primo titolo di una serie di enorme successo commerciale. Il publisher è Anco, fino ad allora noto agli appassionati per uno strip poker assolutamente scadente, le cui sorti furono risollevate da quella potenza della natura che fu ed è Maria Whittaker (non chiedetemi di inserire link: se siete curiosi, cercatela da soli su Google :-)).
La piattaforma su cui fu eseguito lo sviluppo è l’Atari ST, seguito a ruota dall’Amiga 500, e da port per console e piattaforme a 8 bit. Furono tuttavia le versioni per Amiga ed ST a creare il “fenomeno Kick Off“, che tuttora sopravvive nella forma di innumerevoli fan site, una wiki dedicata e nutriti tornei.
Il senso di velocità del gioco, la fluidità dello scrolling sul campo, la naturalezza dei movimenti del pallone, erano una novità assoluta nella simulazione calcistica, a cui Kick Off aggiunse quello che negli anni resta uno dei suoi più celebri trademark: il realismo nel controllo della palla, la quale, lungi dal rimanere incollata al piede del giocatore, segue un suo moto indipendente, dettato da un modello più vicino che mai alle leggi della fisica.
Per la platea abituata, come il sottoscritto, alle corse solitarie palla al piede per tutto il campo, l’impatto con Kick Off fu traumatico e molto frustrante: un minimo errore bastava a mandare il pallone per la tangente, vanificando l’intera azione fra sonore imprecazioni e cartoni sulla scrivania. Tuttavia, una volta affrontata la ripida e prolungata curva di apprendimento, il gioco era ed è in grado di offrire grandissime soddisfazioni, e di stimolare il giocatore a perfezionarsi sempre più negli aspetti più tecnici del dribbling, del passaggio, della strategia della formazione.
Sviluppato dal programmatore inglese di origini italiane Dino Dini, Kick Off rappresenterebbe una leggenda nel suo genere, se non fosse che ebbe un sequel: Kick Off 2 (1990), secondo molti cultori migliore del precedente.
Ferma restando l’impostazione del gioco originale, Kick Off 2 aggiunge precisione tattica, un’accurata definizione delle caratteristiche tecniche di ogni giocatore ma soprattutto quella che alcuni ritengono una vera e propria “gabola”: l’aftertouch, ovverosia l’effetto che si può imprimere alla palla dopo il tiro.
I perfezionamenti di Kick Off 2 ne fanno a tutt’oggi, la piattaforma di riferimento per un folto manipolo di appassionati, che si ritrovano da tutto il mondo per confrontarsi, oggi come vent’anni fa, in tornei col coltello fra i denti.
Ad onore del vero la serie Kick Off conta numerosi altri capitoli: in questa breve disamina retronostalgica ci siamo soffermati solo sui capitoli principali, sorvolando su add-on e altre edizioni del gioco, o su capitoli come il terzo, sviluppato da un altro programmatore.
Da segnalare tuttavia, nel nutrito palmares di Dino Dini, un capolavoro successivo alla serie Kick Off: Player Manager (1990), che ha in qualche modo creato il genere strategico calcistico. E dire che a Dino Dini il calcio giocato non è mai piaciuto…