Qualche mese fa ci siamo occupati di uno dei fenomeni di maggiore successo degli anni ’80 nel panorama cartoon proveniente dal mercato nordamericano, ovvero le TMNT, Teenage Mutant Ninja Turtles.
Dopo aver ripercorso brevemente la storia di come nacquero questi nuovi personaggi dell’entertaining industry, ci siamo concentrati logicamente sull’aspetto video ludico ed in particolare sulla versione sviluppata per la piattaforma Nintendo 8 bit, il FamiCom, se intendiamo la versione giapponese o il più familiare NES per quella europea ed angloamericana.
Il titolo, TMNT, protagonista quindi dell’articolo già menzionato prendeva esattatamente lo stesso nome designato per contraddistinguere le nuove icone idolatrate da stuole di bambini ed adolescenti, invaghite di quelle tartarughe così verdi e così “ninja”, molto somiglianti come modo di atteggiarsi e di fare alle nuove generazioni di quegli anni.
Ma il precoce successo, come spesso avviene in queste complesse operazioni di marketing, spinse i detentori del copyright in accordo con la Konami, publisher e software house incaricata dello sviluppo, a proseguire la saga, saga che sarebbe divenuta ben presto una trilogia.
Se il primo servì da traino ed il terzo da chiosa finale (e per forza direte voi, è una trilogia!), il secondo di cui parleremo quest’oggi fu probabilmente il più riuscito dei tre dal punto di vista tecnico.
Nonostante ci si riferisca al secondo capitolo, fu in realtà il porting vero e poprio del primo gioco sviluppato in assoluto e basato allo stesso tempo sui personaggi creati, cioè l’arcade per macchine coin-op , datato 1989, creando quindi una disambiguità con la linea temporale delle release per il NES.
L’anno e mezzo di distanza permise a Konami di calibrare lo sviluppo del titolo per una piattaforma dalle risorse comunque piuttosto limitate della console Nintendo; bisogna infatti considerare che all’epoca si trovavano in commercio piattaforme della generazione successiva, come il Mega Drive e sulle quali era stato rilasciato il medesimo gioco, senza contare Amiga e soci.
Già il primo episodio mise a dura prova il piccolo della grande N, con un gran numero di sprite visualizzati contemporaneamente e colori incredibilmente sgargianti per il panorama FamiCom pur colmo di bei videogiochi.
Con Teenage Mutant Ninja Turtles II – The Arcade Game il team ha dovuto fare letteralmente i salti mortali.
A differenza del predecessore, il personaggio controllato dall’utente poteva muoversi in tutte le direzioni di uno spazio 3D, esattamente come nella versione da sala giochi. Seppur non supportando 4 giocatori contemporaneamente, fu introdotta la modalità multiplayer, un altro drastico cambiamento rispetto al primo titolo.
Dal punto di vista grafico, il character design cambiò abbastanza sensibilmente, utilizzando un set di colori un po’ più morbidi e con tonalità vicini a quel che definiremmo come“pastello”, ma allo stesso tempo più vicini a quelli che il pubblico ormai aveva associato guardando la serie televisiva la quale, nel frattempo, impazzava in buona parte delle maggiori reti televisive mondiali, Italia compresa.
Le stesse animazioni e le reazioni delle tartarughe dopo aver subito dei colpi le rendevano più fedeli agli originali ideati da Kevin Eastman e Peter Laird, mentre l’attacco speciale rendeva più vario ed efficace l’arsenale di colpi a disposizione della tartaruga manovrata..
Anche il numero dei livelli fu sensibilmente aumentato (seppur forse con una complessità minore rispetto ad esempio allo stage iniziale del primo, tra tombini e gimcane nel furgone Turtles), con l’inclusione di 2 livelli e relativi boss finali, Tora e Shogun, completamente nuovi rispetto allo stesso arcade.
La stampa, a differenza di TMNT, accolse con riscontri molto positivi la nuova fatica Konami, apprezzando probabilmente sia il prodotto, equilibrato e piuttosto longevo sia, soprattutto, a mio modo di vedere, gli sforzi profusi per includere un titolo di questa complessità in una cartuccia NES.
I favori dei media non sono necessariamente una garanzia di successo ed il primo capitolo, uno dei giochi top seller di sempre non pubblicati da Nintendo stessa, è lì a dimostrarlo. Il secondo capitolo non ebbe lo stesso riscontro tra i potenziali acquirenti ma più che sufficiente per un terzo episodio, TMNT III: The Manhattan Project.
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