Dopo l’assegnazione del premio nobel per la fisica del 2008 ai tre fisici giapponesi Yoichiro Nambu, Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa con motivazioni squisitamente teoriche, come la scoperta della rottura della simmetria a livello subnucleare, la commissione del Nobel ha deciso di dare quest’anno un taglio molto più tecnico al premio più ambito della comunità scientifica.
Il premio Nobel 2009 è stato assegnato per metà al fisico di origini cinesi Charles K. Kao, per il suo fondamentale contributo, dato appena un anno dopo la fine del suo dottorato, alla tecnologia delle fibre ottiche.
Kao si è infatti reso conto che i problemi che questa tecnologia stava affrontando negli anni ’60, che non permetteva alla luce di viaggiare per più di 20 metri, non erano dovuti a una limitazione delle tecnologia stessa, ma semplicemente al vetro utilizzato per costruire le fibre. Dopo un processo di purificazione estrema del vetro, Kao è riuscito a far viaggiare la luce per più di 100 kilometri con delle perdite di informazione del tutto trascurabili.
L’altra metà del premio Nobel, invece, è stata equamente divisa tra Willard S. Boyle e George E. Smith, i due rappresentati del team di ricerca che ha sviluppato per la prima volta il sensore CCD (Charge-Coupled Device) applicando l’effetto fotoelettrico, scoperto da Einstein a inizio secolo e che gli fruttò a sua volta il premio Nobel.
Il sensore CCD ha contribuito non solo alle note applicazioni come la fotografia digitale, ma anche alla semplificazione e al miglioramento di scienze molto più lontane dalla vita di tutti i giorni, come l’astronomia. Senza il CCD osservatori come l’Hubble Telescope sarebbero ancora fantascienza.
In questo primo post mi soffermerò sulla prima metà del premio, cioè quello relativo allo sviluppo delle fibre ottiche. La settimana prossima, con un post analogo, spiegherò invece le ragioni del premio sul CCD.
L’idea delle fibre ottiche, in realtà, è estremamente semplice. Si tratta di “guide di luce” che sfruttano il principio di rifrazione della luce, dimostrato per la prima volta nel 1840 dagli scienziati parigini Daniel Colladon e Jacques Babinet, con un esperimento che viene ancora usato nei musei della scienza per la sua semplicità e chiarezza (la cosiddetta “fontana di luce “).
Come si vede dall’immagine qui sopra, l’idea è che la luce viene rifratta sulla superficie del vetro, dove c’è un cambiamento dell’indice di rifrazione del mezzo e, scegliendo il materiale giusto, si ha che la totalità della luce rimane all’interno della fibra, viaggiando così per kilometri.
É da quasi due secoli che la regione ottica dello spettro elettromagnetico, ovvero la zona attorno alle lunghezze d’onda del visibile e del vicino infrarosso ed ultravioletto, è considerata di grande interesse per il campo delle telecomunicazioni. La ragione è che a questa lunghezza d’onda la luce viaggia con una frequenza che permette di modulare il segnale trasmettendo dati ad altissima velocità.
Proprio per questa ragione è di grande interesse trovare un sistema per la trasmissione di tale segnale elettromagnetico. Dagli anni ’60 in poi gli sforzi si sono concentrati molto nel trovare un tale mezzo di trasporto, ma le fibre ottiche erano sempre lasciate in secondo piano, a causa dell’alta attenuazione del loro materiale. Le prime fibre ottiche costruite avevano un’attenuazione tipica di 1000 dB/km, ovvero dopo venti metri restava solo l’1% della luce originaria. Sono stati studiati quindi sistemi alternativi, come sistemi di lenti o tubi di gas con un gradiente di temperatura per focalizzare la luce, ma nessuna di queste bizzarre proposte è riuscita a farsi strada.
Nel 1965, Charles K. Kao e George A. Hockham della compagnia britannica Standard Telephones and Cables (STC) sono stati i primi ad avere l’idea che l’attenuazione della luce nelle fibre ottiche poteva essere ridotta sotto i 20 decibels per kilometro (dB/km), semplicemente rimuovendo le impurità presenti nel vetro di cui le fibre erano composte.
I loro studi erano di particolare interesse soprattutto perché, per la prima volta, qualcuno non studiava soltanto la fisica della propagazione della luce nelle guide d’onda, ma si concentrava anche sulle proprietà del materiale costruttivo. Le conclusioni del loro lavoro vennero presentate a Londra all’inizio del 1966 e poi pubblicate subito dopo nel Giugno successivo.
Trovata la legge, resta ancora da trovare l’inganno, ovvero come produrre un vetro privo di impurità microscopiche. Kao ha dato un contributo anche in tale senso, suggerendo di utilizzare la silice fusa (composto del silicio, SiO2). All’epoca però non era così facile raggiungere lo stato di fusione della silice, visto che avviene a 1726 °C. Quattro anni dopo i risultati di Kao, però, un gruppo di ricercatori del Corning Glass Work, negli Stati Uniti, riuscì a realizzare una fibra di vetro di silice, grazie a un metodo chimico chiamato CVD (Chemical Vapor Deposition).
Al giorno d’oggi la tecnologia delle fibre ottiche e delle telecomunicazioni tramite segnali luminosi si è sviluppata enormemente, anche grazie ai diodi laser, dei LED e il conseguente sviluppo della finestra di frequenze usate per la comunicazione, e Kao oltre a ricevere il Nobel per le sue ricerche, ha di sicuro la soddisfazione di vedere come una sua visione si è trasformata in realtà, e si è forse sviluppata aldilà delle sue stesse aspettative.
Prima di chiudere il post, però, vorrei ricordare ai lettori che il Premio Nobel non è l’unico premio di natura scientifica che viene assegnato. Vi sono per esempio i premi Ig Nobel, che vengono assegnati alle scoperte che “fanno prima ridere, e poi pensare”.
L’idea di questi premi è di valorizzare la fantasia e le scoperte inusuali che si possono incontrare nei campi della fisica, della chimica, medicina, matematica, tecnologia ed economia. Vengono assegnati in una serata di gala che viene tenuta nel Sanders Theatre dell’università di Harvard, di fronte a un pubblico di 1200 curiosi, e sono i vincitori dei “veri” PremiNobel che consegnano l’onoreficienza ai vincitori. I premi Ig Nobel sono organizzati dalla rivista “Annals of Improbable Research” .
I vincitori del premio Ig Nobel per la fisica di quest’anno sono un gruppo di antropologi dell’Università di Austin, Texas, che hanno dimostrato la ragione per cui le donne incinte non si ribaltano in avanti . Liza Shapiro e i suoi due colleghi Kathleen Whitcome e Daniel Lieberman, hanno osservato come le donne incinte abbiano la tendenza a piegarsi all’indietro per mantenere l’equilibrio.
Questo fa si che la colonna vertebrale venga sottoposta una pressione superiore alla norma, che non potrebbe essere sopportata. Per questa ragione si ipotizza che la parte inferiore della spina dorsale femminile sia sviluppata in maniera particolare proprio per sopportare tale pressione. La squadra di Saphiro ha osservato un campione di 19 donne incinte e ha scoperto che la curvatura della lombare femminile, ovvero la parte bassa della schiena, si estende lungo tre vertebre, mentre nel caso degli uomini si estende solo a due.Anche legiunture tra le vertebre sono più grosse nelle donne, e sono angolate diversamente proprio per sopportare un peso superiore.
Inoltre, l’osservazione che questo fenomeno appare solo nella specie umana e non negli altri primati, dimostra che è una necessità sviluppatasi con l’abitudine di camminare eretti.