Nel 1998, sulle piste del Motomondiale, giravano solo motociclette a 2 tempi. La classe regina vedeva schierati prototipi da 500cc, 120Kg per 160/180cv. Caratteristica saliente di queste moto, era un’erogazione straripante e brutale, da cui discendeva la tendenza a derapate e tentativi di disarcionamento del pilota, ad ogni minima apertura del gas.
Su motociclette di questo genere, si confrontavano piloti del calibro di Rayney, Schwantz, Cadalora, Gardner, oltre a un certo sig. Doohan, dominatore incontrastato della categoria per 5 stagioni di seguito.
A quell’epoca, sul fronte videoludico, il focus delle simulazioni motoristiche rimaneva fermo sulle quattro ruote, con una pletora di titoli legati al mondo del rally, della Formula 1 e dei prototipi, ma anche delle derivate dalla serie, come il mitico Viper Racing di cui abbiamo parlato qualche settimana fa.
Nel 1999 lo scenario sembrò cambiare, col debutto della serie Superbike (dedicata alla categoria delle derivate dalla serie) e, per l’appunto, con GP500 (1999), per gli appassionati delle feroci ed ululanti 2 tempi.
Veniamo quindi all’analisi di quella che per me rappresenta, ad oggi, la miglior più gustosa simulazione di guida motociclistica di sempre, in questo nuovo rendez-vous con i tempi che furono della tecnologia.
Al primo impatto, di GP500 sorprende lo stile e il dettaglio grafico, molto più curato del SBK coevo e di molti SBK successivi. Molte inquadrature sono in effetti sbalorditive (non dimentichiamo che al tempo un Celeron 300A a 450Mhz e una TNT con 16MB erano roba da ganassa), anche se paragonate con titoli più moderni, sia per il dettaglio dei modelli tridimensionali, che per la resa dell’ambiente, minimalista ma molto curata.
Malgrado dal punto di vista audio sia piuttosto deludente, il modello fisico guadagna al titolo un posto d’onore nella mia memoria videoludica. Scartata a priori la modalità arcade, come simulazione GP500 è accurata e, se vogliamo, bella tosta.
Gettarsi a capofitto in gara, senza aver preso adeguata confidenza con i comandi, con la moto e con la pista, significa cadere ad ogni curva ed essere sistematicamente doppiati. D’altro canto questo livello di difficoltà soddisfa il palato dei fanatici come il sottoscritto, che godono nel vedere la moto reagire alla minima sollecitazione, sentirla giustamente “crudele”, come crudeli erano nei confronti dei campioni del motociclismo, le 500 dell’epoca.
Parlando di simulazioni motoristiche, merita un approfondimento il discorso comandi. Abbiamo visto che Viper Racing stabilisce uno standard per i tanti che si cimentano sul gioco senza disporre di costosi ed ingombranti controller analogici – che tra l’altro toglievano al PC quell’aria di serietà che allontanava nei genitori il sospetto che, dopotutto, le finalità educative di quel costoso aggeggio fossero solo un pretesto.
È anche vero che una simulazione di guida in moto richiederebbe la possibilità di calibrare una serie di impostazioni praticamente illimitata, ed è in effetti questo l’approccio della serie Superbike: dare al pilota la possibilità di settare ogni singolo parametro. Se nel caso di Viper Racing questa filosofia porta a un surplus di realismo, nel caso di SBK sembra voler sopperire a una fisica carente, tanto che non si trova mai il bandolo della matassa.
In GP500 la Melbourne House segue una strategia opposta, restringendo le opzioni disponibili al minimo indispensabile o poco più. Il feeling con la moto e la sensazione di realismo sono tuttavia ottimi, segno che quando la complessità dei fattori da prendere in considerazione è eccessiva, è meglio puntare su una fisica fedele che su una pletora di settaggi.
Benché all’inizio anche a me questa scelta abbia fatto storcere il naso, mi sono trovato presto a ricredermi, trovando il gioco estremamente longevo e godibile.
Restano due pregi e un difetto, che in qualche modo appartengono al DNA di questo capolavoro: innanzitutto la moto non reagisce granché alle regolazioni attuate sulle sospensioni. Sostituendo la molla con un rotolo di marzapane e l’idraulica con un clistere di gomma, la moto rimane incollata all’asfalto anche nelle pieghe più mostruose. Capisco l’approcio “decido io per te” sui comandi, ma sulle sospensioni un po’ più di libertà non avrebbe guastato.
I pregi: innanzitutto la scelta di moto: dalle Honda NSR a 4 e 2 cilindri, alla Yamaha, Suzuki, fino alla Modenas KR3 e alla MuZ (divoratrice di pneumatici posteriori), ciascuna ha le sue caratteristiche, impone uno stile di guida che ne sfrutti le peculiarità: staccate ritardate ed aperture di gas anticipate sono fondamentali per sfruttare le bicilindriche e la KR3, mentre le feroci 4 cilindri richiedono attenzione nel dosare il gas e nell’apertura della manopola… ehm… della freccia in su, pena rottura dell’osso del collo.
Secondo pregio, l’usura gomme (divisa per lato!): un fattore che andrebbe imposto per legge ad ogni simulatore di guida che voglia definirsi tale.
Indimenticabili le derapate con tanto di virgole nere sull’asfalto (da non tentare mai in gara, ne riesce una su dieci), la tensione delle gare (da eseguirsi rigorosamente in modalità full, con 24-28 giri), la selezione “vintage” dei tracciati, i filmati introduttivi, l’impraticabile ma gustosissima guida in prima persona, con tanto di impennate e sguardo verso il cielo, il cheat incluso della Vespa con motore Honda V2 da 140cv.
Insomma, c’erano una volta le “moto vere” – come ebbe a dire Rossi, ultimo campione mondiale 500, durante la transizione alle 4t – ma per fortuna GP500 c’è ancora, e negli anni si è arricchito con una pletora di modifiche e personalizzazioni sviluppate dalla folta base di appassionati: fattori che lo rendono godibilissimo anche a 10 anni di distanza, anche con un Pentium II.