In occasione di un articolo del Sole 24 ore, segnalato da Stefano Quintarelli sul suo blog, ho modo di riprendere un tema affrontato nei commenti di un post sul blocco dell’accesso a Xbox Live per console modificate.
L’articolo del Sole riporta e commenta l’estratto di una sentenza relativa a una causa in cui un utente finale, per poter esercitare il suo diritto alla copia privata, domandava al produttore di rimuovere i dispositivi di protezione:
Chi acquista regolarmente un dvd (o prodotti similari) può realizzare una copia per uso privato, come prevede la legge sul diritto d’autore. Ma se per garantire questa facoltà il produttore deve rinunciare alle difese antipirateria, il consumatore deve cedere il passo e rinunciare alla copia privata…
«Deve dunque ritenersi – concludono i giudici – che,allo stato della tecnica quantomeno riferibile al 2004, l’apposizione di misure tecnologiche di protezione che impediscono anche l’esecuzione di una sola copia dell’opera non costituisce violazione del diritto di copia privata».
In soldoni, lo stato mi garantisce il diritto alla copia privata, il produttore mi priva di questo diritto, lo stato suffraga questa pratica piuttosto che tutelare il diritto precedentemente riconosciutomi.
Quintarelli si domanda a questo punto se l’aggiramento delle misure antiprotezione sia punibile o meno, il che però rappresenterebbe, anche nella migliore delle ipotesi, una soluzione solo parziale: come abbiamo visto nel caso di Xbox Live, nel caso in cui la fruizione di un bene acquistato, preveda (e sempre più frequentemente capita, perlomeno in ambito software) come servizio accessorio e/o complementare, l’erogazione di funzionalità remote, il produttore dispone di un’ulteriore arma per ostacolare l’aggiramento delle misure anticopia: il blocco di questi servizi, lato server.
La “bolla di approvazione” che questa sentenza sancisce – a una pratica che, di fatto, va avanti da anni – chiude la questione a favore dei detentori di diritti e comporta una conseguenza di estremo rilievo: la differenza fra diritto alla fruizione dell’opera e diritto alla fruizione del supporto fisico, di fatto svanisce (o perlomeno resta affidata alla benevolenza del produttore).
In assenza di disposizioni che impongano al detentore di fornire a chi ha legittimamente acquistato l’opera, delle copie di riserva, l’acquisto di un’opera protetta dà diritto alla piena fruizione del solo supporto fisico. Deperito il quale, per l’appunto, si può fare solo appello alla benevolenza del produttore.
Il tutto, dopo che ogni utente ha pagato una tassa (l’equo compenso, che nel solo 2007 ha fruttato € 70mln nelle casse della SIAE) per ogni dispositivo o supporto di memorizzazione, che va a compensare, in maniera preventiva e indiscriminata i detentori di diritti, per l’eventualità che il dispositivo/supporto sia utilizzato per violare il diritto d’autore.
Se questo è il “bene dell’industry” non so dirlo; di certo comporta una restrizione ingiustificata (se non in modo volutamente contraddittorio e fumoso) di un diritto dell’utenza, ed è quindi di certo un male per i consumatori.
Avanti così, che andiamo bene.