Prima o poi qualcuno su Appunti Digitali doveva pur stimolare una riflessione sul perché l’iPhone di Apple è stato ed è tutt’oggi un prodotto di successo. So bene che quando si parla di iPhone e, più in generale di Apple, è facile farsi trascinare in antipatiche guerre di religione tecnologica/informatica dai vari sostenitori di una o l’altra campana, ma visto il clamore che ha portato con sé il primo telefono della mela mordicchiata, penso che possa essere interessante capirne le motivazioni.
Il titolo di questo post pone l’accento sul glamour, un termine che possiamo associare ad oggetti di natura multimediale/informatica principalmente grazie ad Apple e, in particolare, all’idea che da sempre ha avuto Steve Jobs relativamente a ciò che deve essere ed offrire un personal computer: un design gradevole e compatto ed un’interfaccia grafica che punti tutto sulla facilità d’uso.
Per garantire tale standard qualitativo Apple ha da sempre declinato la strada della larga diffusione e compatibilità hardware perseguita da Microsoft ed ha prodotto in casa sia l’hardware, che il sistema operativo. Naturalmente per “produrre l’hardware” non si intende la progettazione e produzione di tutti i chip utilizzati nei computer Apple, ma il fatto che tutte le componenti siano scelte ed assemblate sulla base delle rigide indicazioni di Apple.
Tali linee guida danno vita a macchine dalle configurazioni hardware molto più limitate e meno variabili rispetto a quelle dei classici personal computer. Tuttavia l’aspetto e il design curati in maniera a dir poco maniacale sono diventati il marchio di fabbrica dei computer Apple.
Il punto cardine della discussione che spesso viene utilizzato come arma per attaccare lo stesso iPhone è il seguente: si tratta semplicemente di prodotti che hanno l’obiettivo di affascinare, o c’è qualcosa di realmente innovativo e funzionale che giustifica prezzi il più delle volte superiori a quelli di prodotti concorrenti?
Vorrei porre l’attenzione sui seguenti aspetti che hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale nel successo dell’iPhone: l’interfaccia touchscreen e la strategia di distribuzione sia del software che dell’iPhone stesso.
Benché esistesse qualche telefono cellulare e smartphone dotato di interfaccia touchscreen già prima che l’iPhone facesse la sua comparsa sul territorio americano nel 2007 con la versione 2G, si può serenamente affermare che è solo con l’avvento dell’iPhone che c’è stata l’esplosione di smartphone touchscreen di cui possiamo godere oggi.
Un elemento particolarmente interessante, tuttavia, è che l’iPhone non ha semplicemente dimostrato che l’idea di un dispositivo totalmente touchscreen è vincente, ma anche che la sua implementazione di questa tecnologia è un passo avanti a tutti i concorrenti. Chi ha provato un iPhone sa bene di cosa parlo: la sensibilità dello schermo e la reattività dell’interfaccia grafica è stupefacente.
La motivazione tecnica alla base di questo vantaggio è da ricercare nella tipologia di schermo touchscreen scelto da Apple. L’iPhone, infatti, monta fin dall’inizio un touchscreen di tipo capacitivo contrariamente a praticamente tutti i dispositivi basati su Windows Mobile che invece utilizzano i più classici display touchscreen di tipo resistivo.
Questi ultimi nascono nel 1995 e basano il loro funzionamento su due strati conduttori elettrici. Alla pressione dello schermo i due strati si toccano ed il sistema traccia la coordinata del display sulla quale è avvenuto tale contatto. Si tratta di una tecnologia relativamente economica da produrre, che offre un’ottima precisione con l’ausilio di un pennino, ma richiede che il display sia costruito con una superficie in materiale plastico (più soggetto a graffi) e flessibile, al fine di consentirne la deformazione al tocco e, conseguentemente, il funzionamento.
I display capacitivi, invece, generano un flusso di elettroni sulla superficie dello schermo applicando una tensione ai quattro angoli. Al tocco della superficie viene distorto il campo elettrico e quattro sensori agli angoli dello schermo rilevano il punto in cui è avvenuta la caduta di tensione. I display capacitivi possono essere costruiti in vetro e non richiedono alcuna pressione: semplicemente sfiorando la superficie con un dito è possibile farlo funzionare. D’altro canto, richiedendo oggetti dotati di una carica di elettroni (come le dita), non funzionano con pennini o altri oggetti in plastica.
L’integrazione di un display capacitivo in aggiunta ad un sistema operativo studiato non solo per l’adozione un’interfaccia a misura di dito, ma anche in grado di supportare il multitouch ed le potenzialità conseguenti, sono a mio parere elementi che hanno fortemente contraddistinto l’iPhone dagli altri smartphone.
Del resto uno smartphone ha l’obiettivo di integrare molteplici funzionalità in un apparecchio portatile che, in quanto tale, deve poter essere utilizzato rapidamente in situazioni dove non sempre è possibile o c’è il tempo di impugnare un pennino per centrare pulsanti o scrollbar dalle dimensioni di pochissimi pixel.
Non è un caso che la maggioranza dei concorrenti dell’iPhone basati su Windows Mobile 6.1 proponga un’interfaccia grafica supplementare che ha lo scopo di soppiantare quella del sistema operativo per rendere a portata di dito le operazioni più comunemente utilizzate. Tuttavia i limiti di questa soluzione restano quelli di una soluzione non nativa (da cui deriva spesso una scarsa fluidità dell’interfaccia), che si basa su un display che richiede comunque una certa pressione per funzionare correttamente.
L’imminente Windows Mobile 6.5 dovrebbe porre parzialmente rimedio a questa deficienza introducendo un’interfaccia non pensata per i pennini, ma per le dita. Tuttavia sarà solo nel 2010 con l’arrivo di un aggiornamento per Windows Mobile 6.5 e, successivamente, con Windows Mobile 7, che sarà possibile vedere su smartphone basati su Windows Mobile le medesime caratteristiche dell’interfaccia grafica dell’iPhone introdotto nel 2007.
La situazione è sicuramente più rosea se prendiamo in considerazione Android, il nuovo sistema operativo per smartphone proposto da Google a partire da Settembre 2008, che può già vantare tra le sue fila smartphone con display capacitivi come l’HTC Dream e Magic.
Concluso il capitolo dedicato all’interfaccia touchscreen, possiamo concentrarci sugli altri aspetti che hanno a mio parere fatto la fortuna dell’iPhone: la modalità di distribuzione del software e dell’iPhone stesso.
L’iPhone è stato distribuito da Apple, almeno fino alla versione 3G, solo da parte delle aziende telefoniche prescelte dalla casa di Cupertino. In questo modo sono stati raggiunti due obiettivi: da un lato avere a disposizione l’imponente rete di distribuzione che hanno operatori del calibro di TIM e Vodafone, dall’altro mettere gli operatori telefonici nelle condizioni di formulare offerte che avessero lo scopo di vendere l’iPhone abbinato ad una connessione dati.
Quest’ultimo aspetto è stato molto importante perché se è vero che l’iPhone costringe per la natura di molte delle sue applicazioni i propri utenti a dotarsi di una connessione dati, è pur vero che tale obbligo ha stimolato l’offerta delle connessioni dati stesse. Il risultato è che ciò che fino a pochi anni fa poteva essere considerata una chimera, cioè una connessione ad internet always on sempre disponibile ad un prezzo interessante, oggi è una realtà consolidata di cui si sono avvalsi anche i concorrenti dell’iPhone stesso.
Un impulso in questa direzione è stato anche dato dal fatto che, grazie alla sensibilissima interfaccia touchscreen ed alla tecnologia multitouch, l’iPhone consente di navigare su internet molto bene nonostante le ridotte dimensioni dello schermo, utilizzando quello che probabilmente è il miglior browser mobile disponibile: Safari.
Concludiamo questa riflessione sul successo dell’iPhone parlando di iTunes e dell’Apple Store. Al momento del lancio dell’iPhone il primo non era di certo nuovo ai possessori di uno dei player multimediali più famosi: l’iPod. Anche in questo caso Apple ha capitalizzato la sua esperienza per portare il principio e la semplicità d’uso dello store musicale più grande esistente, al mondo della distribuzione software.
Naturalmente ci sono i puristi delle installazioni e dell’organizzazione a cartelle che non hanno mai visto di buon occhio l’idea di iTunes di nascondere la struttura delle directory dei file musicali per concentrarsi sull’organizzazione logica dei contenuti (suddivisione in album, generi e quant’altro). Tuttavia non si può biasimare Apple per aver voluto evitare a chi non conosce esattamente come funziona un computer, di doversi erudire in tal senso. In fin dei conti all’utente medio interessa installare applicazioni e sincronizzare la propria libreria multimediale ed i propri contatti di Outlook. Che importanza ha il formato o la posizione dove questi vengono salvati?