Con questa e la prossima settimana concludiamo il ciclo dedicato alle società, attive nel mondo della grafica tra la seconda metà degli anni ’80 e l’inizio del XXI secolo, definitivamente scomparse a causa di un’acquisizione, di una fusione o dello scioglimento. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, abbiamo già parlato di 3dfx, Tseng Labs e Number Nine, Rendition, Chromatic Research, ArtX e Bitboys Oy.
Ci sarebbe ancora da parlare a lungo e da ricordarne più d’una, tra cui vorrei citare, ad esempio MOS Technology, produttrice del sottosistema grafico del VIC20 e successivamente acquisita da Commodore Semiconductor Group, oppure OAK Technology il cui primo e unico chip 2D/3D, uscito verso la fine degli anni ’90, aveva la caratteristica di effettuare una forma di tile based deferred rendering sul modello del Kyro e del Kyro II di PowerVR.
E’ probabile che, invece, qualcuno ricordi OAK per un’altra curiosità legata, questa volta, al suo nome: OAK era infatti anche il nome originario dell’attuale linguaggio JAVA che SUN modificò in seguito al fatto che il nome OAK era già marchio registrato (da OAK Technologies, per l’appunto).
Nell’articolo odierno, però, ci limiteremo a parlare delle acquisizioni fatte un altro degli attuali colossi della grafica: Intel (di ATi ci siamo già occupati e nVIDIA sarà argomento della prossima puntata) per tentare, tra le altre cose, di capire se e quanto gli attuali giganti della grafica debbano a queste piccole società da tempo uscite di scena.
Inizierei, dunque, a parlare subito di Chips and Technologies (C&T o, semplicemente, Chips, come amava firmare le sue produzioni) ; fondata nel 1985 fu una delle pioniere del concetto di integrazione di più funzioni discrete all’interno di uno stesso chip e fu molto attiva in svariati settori, dai chip grafici ai bus di comunicazione, ai chipset, ai controller per monitor, memorie di massa e interfacce seriali e parallele.
Fu una delle prime società a capire che il computer avrebbe avuto un rapido sviluppo ed un’altrettanto veloce diffusione e si attrezzò, di conseguenza, con molte filiali in diverse parti del mondo, che si occupavano per lo più di distribuzione dei prodotti, ed un totale di circa 280 impiegati. Tra le prime e le più attive nella progettazione di circuiti LSI e VLSI, C&T si distinse per la produzione di chip grafici basati sullo standard EGA di IBM, usciti nel corso dello stesso 1985, che rivaleggiavano in qualità con quelli prodotti da IBM pur costando circa la metà. Lo scenario si ripeté nel 1987, quando vennero rilasciate le specifiche dello standard VGA e, successivamente, vennero messi in produzione i chip che le supportavano.
C&T tentò anche l’avventura nel mondo delle CPU, producendo un processore x86 denominato Super 386, in due versioni DX e SX (immagine in basso in versione DX)
frutto di un’operazione di reverse engineering fatta sui 386 di Intel e un coprocessore matematico che permetteva un abbordabile upgrade di piattaforma, integrando le funzionalità mancanti sul 386 e presenti, invece, sul 486 (figura successiva)
Del core business di CHIPS fa parte anche la progettazione di controller per reti lan e l’azienda fu attiva anche nel settore dei dispositivi mobili per cui, nel 1990, progettò un SoC, basato su quella che fu definita SCAT technology (system chip AT controller) comprendente il sottosistema grafico il chipset della scheda madre e un dispositivo di mass storage.
All’inizio degli anni ’90, a causa dell’improvvisa aumentata competitività del mercato, C&T si trovò ad affrontare un periodo di crisi. Schiacciata tra Intel e la neonata AMD nel settore processori, ebbe difficoltà anche in quello dei chip grafici, in virtù dell’avvento di numerosi altri produttori e del progressivo spostamento degli interessi del mercato dalla qualità del 2D all’accelerazione 3D.
Con l’uscita di Windows giocò la carta WINGINE (windows engine), ovvero una GPU in grado di accelerare l’interfaccia grafica del sistema operativo grazie all’adozione, oltre ai tradizionali bus verso la ram video e la motherboard, di un velocissimo bus dedicato che faceva uso di un sistema di caching proprietario denominato XRAM. La prima serie vide la luce tra il 1992 ed il 1993 ed ottenne un discreto successo, mostrandosi piuttosto efficace.
Ormai, però, la crisi che aveva attanagliato CHIPS appariva irreversibile e, dopo aver ridimensionato notevolmente la forza lavoro, nel 1997 CHIPS viene acquisita da Intel. A detta di alcuni, Intel sarebbe stata spinta soprattutto dall’interese per la sezione grafica di CHIPS; secondo me, invece, a Intel facevano comodo i numerosi brevetti, soprattutto nel settore dei bus e dei controller e si è mossa anche spinta dal timore che quelle proprietà intellettuali finissero in mano alla concorrenza (AMD nella fattispecie).
Palese, invece, il fatto che l’acquisizione di Real3D sia stata dettata, in primo luogo, dal know how di questa società nel settore dei chip grafici. La storia di Real3D può essere molto breve o molto lunga, a seconda del “quando” la si inizia a raccontare. Di fatto, una società di nome Real3D ha operato per soli 4 anni, tra il 1995 ed il 1999 anno in cui fu coinvolta in una causa avendo accusato ATi di aver infranto alcuni brevetti e, nell’ottobre, fu acquisita da Intel.
Tuttavia la storia integrale di Real3D è molto particolare e si svolge lungo tre decadi. Nata come costola di General Electric (GE) e deputata ad occuparsi della progettazione delle interfacce grafiche dei dispositivi destinati alla divisione aerospaziale, partecipa alla progettazione dell’interfaccia grafica del simulatore delle missioni Apollo per conto di GE.
Quindi partecipa alla progettazione della sottosezione grafica delle console SEGA model 1, 2 e 3. Nel 1995 GE cede la sua sezione grafica alla Martin Marietta Corporation e quest’ultima si fonde con la Loockheed. Le proprietà intellettuali di GE passano, quindi, a quello che è diventato il maggior produttore mondiale di armamenti. Ma i talenti degli ingegneri usciti da GE non vengono limitati al solo ambito militare; nello stesso anno, da una costola della Martin Loockheed nasce Real3D che instaura rapporti di collaborazione anche con Intel e SGI.
Di fatto, Real3D eredita l’intero know how e i brevetti di proprietà di GE e della Martin Loockheed.
Curioso il fatto che Real3D abbia avuto a che fare con tutti e tre gli attuali protagonisti del mercato dei chip grafici: con ATi è stata in causa nel 1999, con Intel ha collaborato per quattro anni, fino alla sua acquisizione, con nVIDIA ha avuto uno scambio indiretto di licenze, in quanto, in seguito all’accordo di collaborazione tra nVIDIA e SGI, risalente al 2000, parte delle licenze accordate da Silicon Graphic alla casa di Santa Clara erano di proprietà di Real3D. Infine, il trasferimento di parte del portfolio di SGI a Microsoft avvenuto ad inizio 2002, ha comportato che anche il colosso di Redmond abbia avuto modo di mettere le mani su parte dei brevetti di Real3D.
L’ultimo chip progettato da Real3D prima dell’acquisizione, anche se commercializzato con brand Intel, è l’I740 (immagine in basso)
Dopo questo chip, le cui prestazioni non fecero gridare la miracolo, Real3D fu acquisita da Intel e i suoi ingegneri continuarono a lavorare sui chip grafici e, soprattutto, in collaborazione con quelli di Chips, sui chipset con grafica integrata che hanno permesso a Intel di conquistare una posizione dominante sul mercato.
Il resto è storia recente, col futuro prossimo che ci propone il tentativo da parte di Intel di rientrare nel mercato delle GPU discrete con un progetto ambizioso: inserirsi con il suo larrabee, nel duopolio AMD-nVIDIA che ha caratterizzato gli ultimi 8 anni. Edè proprio delle, anzi, dell’acquisizione indiretta di GigaPixel da parte di nVIDIA che parleremo la prossima settimana.