Qualche giorno fa, approfittando della pubblicazione in alta definizione, ho avuto il piacere di rivedere uno dei grandi classici di Clint Eastwood post-Leone, il primo episodio della saga dedicata a Harry “Dirty” Callaghan.
E’ il 1971 ed il Caso Scorpio raccoglie un ottimo riscontro sia come critica ma soprattutto come presenza nelle sale, contribuendo alla crescita della fama del protagonista della trilogia del dollaro, diventato ormai un’icona del cinema.
E come spesso accade, il mondo dei videogiochi non resta impassibile di fronte a lungometraggi di successo che forniscono trame interessanti da poter sfruttare “a suon di pixel”.
D’altra parte, soprattutto negli ultimi anni, il fenomeno è ormai quello di una sorta di osmosi continua tra i due versanti dell’entertainment, basti pensare ai soli Resident Evil o Silent Hill per citare un paio di casi eclatanti.
E’ il 1992, siamo in piena 16-bit war, un anno per altro molto importante nell’economia dello scontro perché il SNES, come dicono gli americani, “will take the lead” durante le vendite natalizie.
In ambito portatile invece, lo scenario sembra piuttosto ben definito.
Il Game Boy si è imposto fin da subito come il campione da battere nonostante le (valide) alternative proposte dalle case antagoniste alla Nintendo.
Il progetto Handy (divenuto poi Lynx), di cui ci eravamo già occupati, non era riuscito a far breccia nei cuori dei videogamer di tutto il mondo, nonostante un comparto hardware degno di nota per l’epoca e l’impegno profuso da parte di Atari.
Le cause della disfatta, una pessima campagna di marketing in primis, non impedirono tuttavia la pubblicazione di alcuni buoni titoli che fecero la fortuna dei (pochi) possessori della Lince.
Dirty Larry: Renegade Cop si presenta come un classico picchiaduro a scorrimento orizzontale, hack&slash, hit&run a seconda della terminologia preferiate utilizzare.
A quel tempo era senz’altro uno dei generi più cavalcati dall’industry. Double Dragon, Final Fight, Streets of Rage sono nomi piuttosto familiari alla memoria dei giocatori di fine anni ’80-inizio ’90.
Atari, publisher del gioco in questione, fece una scelta quindi senz’altro sensata.
Una città malfamata, infestata da spacciatori di droga, bande di motociclisti e strani figuri come i clown e i mimi armati di mazze da baseball sono il pane quotidiano del nostro protagonista che con l’aiuto della pistola e delle mani nude si dovrà far strada fino al boss finale.
La grafica decisamente cartoonosa è tutto sommato piacevole, gli sprite, soprattutto per quanto riguarda i nemici, sono grandi e ben definiti e qualitativamente sopra la media se consideriamo il livello delle console portatili di quegli anni.
Anche la colonna sonora incalzante va menzionata come un plus.
Quel che non convinse allora fu la decisione di settare un gameplay su un livello di difficoltà troppo elevato, cosa che portava inevitabilmente alla (leggera?) frustrazione del giocatore.
Dirty Larry quindi prende diretta ispirazione dal personaggio creato da Harry Julian Fink ma, come potrete aver notato dal nome del videogioco (Larry e non Harry), non fu il frutto dell’accordo con la Warner Bros (che detiene tutt’oggi la licenza del film).
La vera trasposizione era stata prevista soltanto pochi anni fa, con le console di ultima generazione; però nel 2007 il fallimento della software house che si occupava del suo sviluppo, la The Collective Inc,. segnò la sua fine, anche se l’importante casa cinematografica ha promesso di non aver abbandonato il progetto e nei prossimi anni tenterà nuovamente, si spera con un partner migliore.
Gli amanti della 44 Magnum di Eastwood e nostalgici della lince-console possono tuttavia ancora sollazzarsi con questo simpatico titolo che forse non ha raggiunto i livelli dei vari Rampart o Raiden, ma per gli amanti degli scrolling beat’em up resta sempre un bel vedere.
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