Una volta che ho comprato un libro, qualunque cosa ne pensi l’editore, il libro e mio e, se viene sottratto contro la mia volontà, si chiama furto. È questo il parere, totalmente condivisibile, espresso in TechCrunch circa una ridicola vicenda che ha per protagonista Amazon e il suo Kindle (riportata originariamente da David Pogue del NY Times). Veniamo al dunque.
Nel mondo digitale, così come ci siamo dovuti abituare a confondere la violenza fisica, la tortura e l’assassinio tipiche dell’antico mestiere di pirata, con la copia illegale, pare proprio dovremo abituarci a riconsiderare la nozione di furto.
La questione si può riassumere in poche parole: due libri – ironia della sorte, La fattoria degli animali e 1984 di Orwell – sono stati da Amazon convertiti in formato digitale e messi in vendita. Il titolare dei diritti di pubblicazione è quindi tornato sull’accordo, rescindendolo. In conseguenza di ciò, Amazon ha rimosso i libri dal catalogo e, qui viene il bello, li ha cancellati dai Kindle presso cui erano stati legalmente scaricati (riaccreditando la somma pagata).
Il tutto, ovviamente, sotto l’ombrello della legalità: chi acquista un libro, in realtà acquista solo il diritto di fruirne alle condizioni dettate da chi ne detiene i diritti/lo distribuisce, e nel caso di Amazon, le condizioni prevedono la cancellazione da remoto e il risarcimento – per fortuna non ci toccano anche due sganassoni!
D’altronde è proprio questo il bello del digitale: poter “spegnere”, revocare, formattare da remoto. Opzioni che un giorno potrebbero tornar comode anche a gente molto peggio intenzionata dell’e-bottegaio di turno.