Sono passati esattamente 40 anni oggi, 20 Luglio, dal momento in cui un uomo ha fatto i primi passi sulla superficie lunare.
La missione Apollo 11 fu la prima missione a far atterrare l’uomo sulla Luna. Fu la quinta missione del Progetto Apollo e il terzo tentativo di viaggio dell’uomo verso la Luna. Venne lanciato il 16 Luglio 1969, portandosi dentro il Comandante della Missione Neil Alden Armstrong, il Comandante del Modulo Michel Collins e il Pilota del Modulo Lunare Edwin Eugene Aldrin Jr.
Il 20 Luglio Armstrong e Aldrin divennero famosi per essere i primi uomini a muovere passi sulla luna, mentre Collins rimaneva in orbita sopra di loro. La missione coronava il sogno del Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, che in un discorso tenuto di fronte al Congresso, esprimeva l’obiettivo di portare l’uomo sulla Luna e poi indietro sulla Terra entro la fine degli anni 60: “I believe that this nation should commit itself to achieving the goal, before this decade is out, of landing a man on the Moon and returning him safely to the Earth.”
La ragione principale per questo ambiziosissimo obiettivo, però, non era la pura sete di conoscenza. Gli Stati Uniti erano in piena Guerra Fredda, ed era ormai da diversi anni che la corsa all’innovazione spaziale rappresentava una parte integrante a questa guerra. La “Corsa allo Spazio” (termine coniato apposta come parallelo alla “Corsa agli armamenti”) si può dire sia cominciata il 4 Ottobre 1957, quando l’Unione Sovietica lanciò in orbita il primo satellite artificiale Sputnik 1.
La Guerra Fredda si basava su una rete di spionaggio reciproco e di minaccia con accumulo di armi potentissime e pericolosissime. In quest’atmosfera chi detenesse l’avanguardia sulla tecnologia spaziale avrebbe ottenuto automaticamente un cosiderevole vantaggio sull’avversario. L’utilizzo dei satelliti, infatti, avrebbe permesso un controllo dell’avversario come pochi altri mezzi potevano offrire.
La stessa tecnologia usata per lanciare razzi nello spazio, inoltre, avrebbe permesso anche il lancio a lunghissime distanze di testate nucleari. È quindi chiaro che la semplice dimostrazione che una o l’altra nazione fosse in netto vantaggio verso la conquista dello spazio avrebbe potuto dare una svolta decisiva all’andamento della guerra.
La prima battaglia è stata vinta nettamente dall’Unione Sovietica. Furono infatti i primi a inviare la prima sonda in orbita attorno alla Terra. Un mese dopo, il 3 Novembre 1957 venne lanciata la missione Sputnik 2, che portò in orbita il primo essere vivente: la cagnolina Leika. Sulle (dis)avventure di questa cagnetta si potrebbe scrivere un altro post, come su quelle di tutti gli animali che l’anno succeduta e preceduta.
Limitiamoci a dire che se ci fosse stata qualche società animalista nella Russia degli anni 50, sarebbe come minimo inorridita. La vita di Leika venne sacrificata per portare la vita nello spazio, e d’altra parte anche esseri umani dal nome più o meno noto persero la vita in quel periodo.
Il 12 Aprile 1961 però, l’Unione Sovietica ebbe un altro successo, quando Yuri Gagarin divenne il primo uomo nello spazio orbitando per 108 minuti attorno al nostro pianeta. Tra la fine degli anni 50 e l’inizio degli anni 60 fu un continuo tira molla, con il primo uomo nello spazio, la prima sonda sulla Luna, la prima donna nello spazio ecc. ecc. Finché gli americani non diedero il colpo di grazia alla rincorsa spaziale portando i propri piloti sulla superficie lunare.
La missione non fu certamente inutile dal punto di vista scientifico. A parte di pezzi di roccia lunare, ancora oggi degni di essere studiati, l’avanzamento tecnologico che è servito per raggiungere tale obiettivo è di grande aiuto ancora oggi. Credo che quando i politici hanno deciso che l’uomo avrebbe dovuto passeggiare sulla Luna gli scienziati e ingegneri della NASA abbiano avuto un mezzo infarto.
La tecnologia era decenni in ritardo per un tale progetto. Non avevano idea come stabilizzare il modulo per l’allunaggio, come insegnare ai piloti a muoversi in assenza di gravità, che cosa aspettarsi dall’assenza di gravità e di atmosfera. La motivazione politica è stata molto forte, però, e l’obiettivo raggiunto entro i tempi sperati. Se vogliamo essere più cattivi possiamo anche ricordare il contributo tedesco al successo americano.
Fu il Presidente Nixon a vedere realizzarsi le speranze di Kennedy, e la principale conseguenza sulla popolazione americana, e presto mondiale, fu un eccesso di ottimismo. Se si può mandare l’uomo sulla Luna si può fare tutto. Si può persino curare il cancro. Questa, per esempio, la speranza di Nixon, che al momento non è ancora stata realizzata. Questo spirito positivo, questa sensazione di potenza che l’allunaggio ha donato agli americani non si è ancora esaurito. È da poco, infatti, che Obama ha paragonato la lotta al riscaldamento globale del pianeta alla conquista della Luna.
In questi ultimi anni sembra che la Corsa allo Spazio sia ricominciata, anche se in termini più pacifici, e NASA , ESA , India, Giappone e Cina sono tutti impegnati in missioni di esporazione della Luna e degli altri pianeti del Sistema Solare. Perfino Google si è dimostrato interessato, offrendo un premio di 30 milioni di dollari per chi riuscirà ad inviare un robot sulla Luna entro Dicembre 2012, lo faccia camminare per almeno 500 m e spedisca il video indietro.
Come dimostrato dal successo della missione Apollo 11 (e se vogliamo anche quello del Progetto Manhattan), quando la politica e la società supportano un progetto scientifico, è possibile realizzarlo in tempi brevi. Bisogna però sempre valutare il prezzo di questo successo. io spero sempre di vedere la politica dei giorni nostri appoggiare maggiormente la ricerca, in tutti i campi. Molti esempi passati, però, ci mostrano come spesso quando si ha questo supporto il prezzo da pagare sia troppo elevato.
La corsa alla Luna ha portato a sacrificare vite che forse non era necessario sacrificare, perché qualche anno di studi in più avrebbe reso il viaggio nello spazio più sicuro. Con questo non voglio assolutamente sminuire la portata di questo avvenimento storico, che rimane una pietra miliare nella storia dell’Umanità, ma credo che anche e forse soprattutto da un evento così importante dobbiamo trarre esperienza.
Dobbiamo capire che la scienza e la tecnologia portano grande beneficio per l’uomo, ma non dobbiamo ubriacarci di innovazione, dimenticando i rischi che questa ci può portare. Lo spirito con cui lo scienziato deve dedicarsi alla ricerca deve sempre essere positivo, ma allo stesso tempo realistico, e capire perché e per cosa sta facendo quello che sta facendo.
Oltre che di Niel Armstrong, ricordiamoci anche del Comandante “Gus” Grissom, dei piloti Ed White e Roger Chaffee, del Colonello Vladimir Komarov dei cosmonauti Georgi Dobrovolski, Viktor Patsayev e Vladislav Volkov. E quando pensiamo a Gagarin, ricordiamoci anche la fine che ha fatto nel 1968.
Se pensiamo anche a questo, e non ci lasciamo abbindolare solo dai grandi successi, forse potremmo anche vedere con un occhio diverso la scienza attuale, quella che ancora non ha dato risultati. E sapremo che i rischi ci sono, ma che se valutati correttamente, se ridotti al minimo, possono portarci a dei grandissimi successi.