La notizia è di qualche giorno fa ma merita di essere riportata perché aiuta a capire che aria tira, e soprattutto espone uno dei best kept secrets del marketing 2.0: alle aziende non piace pagare per avere recensioni negative o non totalmente positive.
Dunque le recensioni e i pareri sponsorizzati dalle cosiddette campagne “buzz”, oltre a essere completamente futili, rappresentano una forma piuttosto subdola di pubblicità occulta. Negli USA la Federal Trade Commission sta già prendendo provvedimenti.
Il protagonista di questa campagna “gialla” è Asus, che sul sito electricpig.com ha indetto una competizione fra 6 blogger, con il solito obiettivo di influenzare le masse senza spendere soldi in pubblicità. Ai blogger toccava di raccontare un prodotto dato loro in prova, mentre ai lettori era lasciato il compito di votare quale blogger aveva espresso meglio le sue opinioni sul prodotto. Il blogger vincitore avrebbe quindi ottenuto in premio il prodotto recensito.
Non tutto però è andato secondo copione: pare infatti che i lettori – i quali, per la grande sorpresa delle agenzie “gialle” e di certi reparti marketing, non sono poi così stupidi – abbiano votato il blogger che fra i sei presentava le sue idee in modo più critico e ragionato.
A quel punto Asus, cambiando in corsa le regole della competizione, ha deciso che per decretare il vincitore non bastasse il voto del pubblico, ma servisse anche quello degli altri blogger.
Come per magia, il blogger “critico” è stato scavalcato dal parere più accomodante di un’altra blogger, la quale si è aggiudicata il primo premio.
Il pubblico votante non ha tuttavia digerito l’iniziativa, sommergendo di e-mail The Inquirer e costringendo Asus ad un imbarazzato quanto inutile tentativo di salvare la faccia.
D’altronde non serve un genio – né serviva un esempio pratico, per quanto aiuti – per capire che se il vino è buono non si chiede all’oste (o ai suoi camerieri).