Dopo la prima analisi di Enrico, riporto il mio parere sulla questione Chrome OS.
È raro nella storia dell’informatica, un momento di conflitto come quello che stiamo vivendo. Fino a qualche anno fa, due fra i più influenti e dinamici operatori del mercato, Microsoft e Google, procedevano su strade parallele, con minoritarie intersezioni, ciascuno mantenendo una presa inespugnabile sul rispettivo core business.
Una serie di schermaglie da parte di Google (Docs, Chrome, Android) e Microsoft (con affondi diretti nel campo di Google per eccellenza, la ricerca web: Live Search e Bing) hanno nel frattempo delimitato il campo su cui abbiamo giorni fa visto partire quella che appare come la madre di tutte le sfide tecnologiche: la decisione di Google di entrare nel mercato OS, un territorio su cui per decenni si è fatta la fortuna di Microsoft.
L’elenco delle piattaforme SW alternative che hanno tentato di insidiare la leadership di Windows è interminabile. Malgrado ciò, ad oggi, la distanza fra la quota aggregata degli OS di Redmond e il secondo classificato, è imbarazzante nel segmento a cui Google si rivolge.
La relativa popolarità di OS X, il più accreditato rivale di MS Windows con una quota di mercato oltre dieci volte inferiore, è d’altro canto legata a un modello di business alternativo, la cui colonna portante è l’integrazione verticale fra hardware e software e le economie che ne derivano.
E, malgrado le rampanti speculazioni, nessuno può quantificare la variazione della quota di mercato di OS X, dovesse divenire un prodotto standalone al pari di Windows, né tanto meno dimostrare che in quello scenario Apple sarebbe ugualmente o più prospera. Al contrario, la scelta di restare fuori dalla competizione diretta, e il successo che ne deriva, suggeriscono che anche un colosso come Apple eviti volentieri di finire nel tritacarne della competizione diretta con Microsoft.
Questa considerazione da sola mi basterebbe per essere molto scettico relativamente alle chance di successo di Google, ma ve ne sono altre. Il tutto, ovviamente, partendo dalle pochissime informazioni ad oggi disponibili, e con ampio beneficio del dubbio.
Iniziamo da argomentazioni leggere: mi pare di qualche rilievo il caso di Chrome (browser) come esempio della “spendibilità” del marchio Google sul fronte del software client: malgrado si tratti di un prodotto realmente innovativo, in termini di quota di mercato è infinitamente al di sotto di IE e a debita distanza dallo stesso Firefox. Se è vero che il mercato degli OS è molto meno “volatile” di quello dei browser, da questo versante non arrivano dunque indicazioni ottimistiche.
Mi pare poi di inquadrare un problema di concorrenza e sovrapposizione interna a Google, relativa al segmento netbook cui il debuttante fa riferimento: Moblin, la distribuzione Linux di Intel ottimizzata per prodotti basati su Atom, gli sforzi di Canonical con la Ubuntu Netbook Remix e lo stesso Android, rappresentano concorrenti potenziali o attuali per Chrome OS. Una piattaforma per la quale – finché Microsoft esisterà – l’obiettivo (realistico) in nessun caso sarà il 100% del mercato OS, anche sui soli netbook, quanto piuttosto quella esigua quota di mercato in cui convivono tutte le piattaforme alternative a Windows.
Un’ulteriore considerazione riguarda il modus operandi di Google in campi che esulano il core business della ricerca – vera spina dorsale dei suoi bilanci: abbiamo visto Google lanciare una miriade i spinoff, fra cui Gmail, un pezzo importante della sua strategia, rimasto in beta per circa 4 anni. Si tratta di un elemento parziale quanto si vuole, ma pur sempre indicativo di un approccio un po’ “naif” agli spinoff, che può essere accettabile per una piattaforma mail gratuita, ma di certo non lo è per ragionare di accordi con OEM.
Inoltre, dietro Chrome OS s’intravede un modello che conosciamo fin dai tempi del Network Computer di Oracle e che, con l’avvento del cloud, sta risorgendo prepotentemente: quello che vede nell’OS un semplice veicolo di accesso a servizi e dati resi disponibili tramite la rete. Si tratta di un approccio ormai plausibile in rapporto alla penetrazione della banda larga, ma carico di implicazioni relative alla privacy già in ambito consumer.
Veniamo infine a quello che, ci piaccia o meno, rappresenta l’ostacolo principale alla diffusione di un OS alternativo in ambito netbook: l’interesse di Microsoft ad essere presente in quel segmento. Un interesse che la riproposizione di Windows XP a prezzi netbook, e la contrazione dei margini che ne è derivata, ribadisce con forza e che, con Windows 7 – privato delle limitazioni della versione Starter – viene ulteriormente sottolineato.
Finché il mercato resterà modellato attorno al bundling del software, la presa di Microsoft sugli OEM rappresenterà la maggior difficoltà da superare per qualunque potenziale concorrente. Tanto più per un “parvenue” come Google, che di distribuzione e di logiche di scaffale è completamente al digiuno.
Manca una sola, semplice considerazione, peraltro già accennata: che sia il risultato di una posizione dominante ampiamente abusata, che sia l’abitudine e la pigrizia di una clientela sempre più generalista e sempre meno skillata, o piuttosto la retrocompatibilità o vattelappesca, la domanda di sistemi Windows rimane dominante, e inimicarsi Microsoft è un bel rischio anche per il più influente degli OEM – tanto più se per scommettere su un “parvenue” come Google.
Questi i motivi per cui, come scritto sul titolo, non credo – visti gli elementi oggi a mia disposizione, e malgrado il supporto di Intel – nel successo di Chrome OS, perlomeno in tempi brevi. Beninteso, spero di avere torto: un po’ di concorrenza non potrebbe non giovare ad un mercato a senso unico come quello degli OS mainstream.