Fa un certo effetto guardare un video in cui un general manager della HP brandisce un floppy da 3.5″ mentre tutti gli astanti lo osservano con la curiosità che si riserva all’ultima novità tecnologica. Fa soprattutto effetto guardarlo da un normalissimo computer del 2009, sul quale lavoro più o meno contemporaneamente in 4 desktop virtuali, ciascuno carico di applicazioni, fra cui la VM in cui sto eseguendo il browser da cui scrivo.
Da italiani, abituati alla TV di stato lottizzata e al livello raggiunto della TV commerciale, fa ancora più effetto pensare che a partire dal 1983, un periodo che possiamo classificare come l’età prepuberale del Personal Computer, negli USA si parlasse già diffusamente e con grande competenza di informatica in relazione ad un uso personale.
Da italiani dico, non da eschimesi (con tutto il rispetto, ovviamente): da cittadini di uno stato in cui hanno visto la luce il primo computer commerciale a transistor, l’ELEA 9003, e alcune delle prime e più famose calcolatrici meccaniche della storia. Una nazione il cui comparto tecnologico ha prodotto vera innovazione – prima di finire in pasto all’ottusa incompetenza della politica e della peggior finanza affarista.
Prima che questo post si trasformi nell’ennesimo “rant”, spostiamoci con la mente negli Stati Uniti, la nazione in cui la prima rivoluzione informatica è esplosa, e introduciamo la trasmissione TV oggetto di questo appuntamento dedicato alla nostalgia informatica: Computer Chronicles, autentico must per i nostalgici informatici di ogni età: tanto quelli che negli anni ’80 erano ancora in fase pre-alpha, quanto i vecchi volponi dalla lunga memoria storica, quanto i “mediani” degli anni ’70, troppo giovani per ricordare ma troppo vecchi per sentirsi giovani.
La trasmissione porta la firma di un navigato presentatore e giornalista informatico, Stewart Cheifet e va in onda settimanalmente dal 1983 al 2002, per 19 lunghe stagioni durante le quali avvengono i fatti più salienti che hanno portato l’informatica a trasformarsi da una disciplina di nicchia a materia di discussione per un pubblico generalista.
Contribuisce alla conduzione, fino al 1990, Gary Kildall, il già citato padre del DOS oltre che di innumerevoli altre tecnologie che hanno dato vita alla moderna nozione di computer. Il suo contributo è fondamentale e la sua competenza offre agli spettatori una profondità di analisi pari a quella che raggiungeremmo oggi se in una moderna trasmissione sul tema partecipasse Tim Berners-Lee, Bill Gates, Steve Jobs, Jeff Bezos o altri personaggi di simile levatura.
Dall’altro lato della scrivania, cui fa da sfondo uno skyline della California, a poche miglia dalla Silicon Valley, si succedono ospiti di grande prestigio dell’industria informatica statunitense: CEO, manager, venture capitalist, ingegneri di aureo pedigree, provenienti da aziende del calibro di IBM, Apple, HP, DEC, Commodore, Atari, EA etc. sono ospitati per raccontare prodotti, tecnologie, rivoluzioni in corso, e gettare uno sguardo, spesso di illuminante precisione, sull’evoluzione del comparto.
Tutte le maggiori piattaforme informatiche occupano prima o poi il terzo lato della scrivania: i primi PC IBM, il PS/2, l’HP-150, l’Amiga, il Commodore 64, il Macintosh e l’Apple II. Spesso il focus è invece spostato su singole tecnologie emergenti come i dischi fissi, lo storage ottico, e trend quali l’evoluzione del computer da mainframe a PC e così via.
Aggiungono una nota di colore al già informale e svelto stile di conduzione, i vari “pick of the week” – indimenticabile quello sul programma “Disk Tracy” presente nella puntata dedicata alla guerra fra browser: un pessimo programma destinato a spiare il contenuto dell’hard disk alla ricerca di tracce di attività “loffie” quali pornografia, terrorismo, droga, violenza etc. la cui recensione si chiude con la salace battuta Avrebbero potuto almeno mantenere inalterato il nome, ma in quel caso il programma non avrebbe probabilmente superato il suo stesso filtro di censura.
Merita una menzione il proverbiale riporto di Cheifet, non molto fiero della sua calvizie, divenuto un vero e proprio trademark, ma anche, scherzi a parte, l’ottima copertura delle varie fiere informatiche di quell’età dell’oro di cui oggi osserviamo solo un pallido riflesso.
Da un punto di vista storico, culturale e propriamente nostalgico, Computer Chronicles rappresenta un anello fondamentale della rivoluzione informatica, segno evidente di un forte interesse dei media per la tecnologia e le poderose rivoluzioni ad essa collegate, che nel belpaese della TV a vario titolo lottizzata, non ha mai attecchito.
La consultazione di molte puntate è possibile grazie all’Internet Archive presso questo indirizzo.
Nel 2009, mentre comunico e lavoro su un computer a cui dedico 8 ore al giorno della mia vita, non so se mi rattristino più le prime serate dedicate ad aerofagie e dolori di calli condotte da Mirabella, o i goffi tentativi con cui i media generalisti cercano di appropriarsi delle più banali parole chiave tecnologiche, nella vana speranza di recuperare un gap la cui portata si misura ormai in decenni.