Axelay: ancora Konami nel firmamento degli shoot’em up

Axelay cover SuperFamicomUno dei (bei) problemi che devo affrontare nel curare questa rubrica è la scelta dell’argomento.
Da sportivo, mi immedesimo un attimo nei panni dell’allenatore (o di un CT meglio ancora) e mi scervello cercando di puntare su un tema che piaccia a voi, a me, sia interessante e faccia parte di quel tentativo di ricostruire la storia dei videogiochi, l’obiettivo principale che ci siamo posti quando abbiamo pensato alla Valigia del Videogamer.

Quando si ha a che fare con una squadra forte, è dura lasciare in panchina ed in tribuna titoli o console che hanno scritto pagine importanti se non indelebili di questi ultimi venti, venticinque anni di avventure videoludiche.
D’altra parte è compito mio e lo faccio più che volentieri.
Solitamente, inoltre, non scrivo mai “su richiesta”.
Come gli allenatori che non si fanno condizionare dai presidenti bizzosi, cerco di lavorare in piena autonomia e puntando in quel che credo sia giusto proporvi di settimana in settimana.
Ma, e qui devo ringraziare voi, non ho certo il dono dell’onniscienza e non pretendo di possederlo, per cui tutti i suggerimenti o i nomi che possono sfuggirmi rispetto ad un passato fanciullesco sono assolutamente graditi.
Axelay è il frutto di uno dei tanti interventi costruttivi che ho avuto il piacere di leggere da quando scrivo su Appunti Digitali, un segno di come il blog, quando c’è rispetto e civiltà (ricollegandomi al pezzo odierno di Alessio), possa qualitativamente migliorare grazie al vostro contributo.
Purtroppo mi deve scusare l’autore ma ho assolutamente dimenticato il suo nome; in ogni caso spero possa gradire la scelta settimanale.

Axelay

Non ricordo di averlo scritto esplicitamente anche se qualche sospetto avete iniziato a nutrirlo.
E’ vero, sono colpevole.
Gli shoot’em up sono uno dei miei generi preferiti se non in assoluto quello che amo di più, una passione inversamente proporzionale a quella verso gli FPS, tanto di moda (sic!) da un po’ di anni a questa parte.
Le ragioni sono molteplici e credo vi ci possiate ritrovare anche voi, tanto quanto il sottoscritto.
Sparare a qualsiasi cosa che passa per lo schermo e contemporaneamente muoversi per evitare di essere colpiti.
Accumulare punti e power up, sperimentare le diverse armi, viaggiare in scenari a volte totalmente diversi tra loro (chi ha giocato a Thunder Force sa perfettamente cosa voglia dire). Ed in fondo lo sparatutto raccoglie un po’ l’essenza del perché nacquero i videogiochi (simulazioni accademico-militari) e l’evoluzione tecnica dai primi capolavori come Space Invaders, passando per Galaga, R-Type, Raiden, fino ad arrivare ai canti del cigno Dreamcast (BorderDown, Ikaruga, Rez).

Alcuni sono già passati su questi lidi, altri senz’altro non mancheranno di mettere la propria firma.
Ed una new entry, come abbiamo anticipato, è Axelay.
Nonostante la stampa in passato si sia un po’ divisa nei giudizi, cosa abbastanza normale salvo rare eccezioni, il titolo della Konami fu un piccolo capolavoro che impreziosì la soft-teca SNES.
E dato che abbiamo citato la console Nintendo non possiamo fare una piccola premessa che spiega il contesto storico dell’epoca.
Siamo in piena console-war tra il primogenito Sega (Mega Drive) ed il successore del
Famicom, il vero vincitore della terza generazione.
I 16 bit sono ormai il riferimento tecnologico anche se, per ovvii motivi commerciali, continua il dualismo con le piattaforme antecedenti.

Dopo le prime killer application (di cui ricordiamo Strider) la macchina rappresentata dal sonico porcospino blu aveva preso nettamente il largo e Nintendo era corsa ai ripari proponendo il suo antagonista.
Negli USA e Giappone ottiene subito un buon successo di pubblico nonostante il gap temporale mentre in Europa la scelta discutibile di ritardare il rilascio di più di un anno paga dazio. Ma proprio tra la fine del 1992 e 1993 si segnala il superamento delle vendite sul Mega Drive, uno spartiacque importante che segnerà e pronosticherà in qualche modo le sorti dello scontro.
Axelay esce esattamente in questo periodo e si segnala per una serie di motivi che andremo ad elencare.
Quando la lista dei titoli è molto lunga e c’è una differenziazione dei mercati che determina la pubblicazione ad esempio di videogiochi per il solo Giappone è sempre molto difficile fare un bilancio complessivo di quali furono le scelte da parte delle due dirigenze.
Tendenzialmente però, provando a fare una valutazione a spanne, il Mega Drive ha dimostrato una certa superiorità e propensione ad ospitare gli sparatutto (il già citato Thunder Force è solo una punta, e che punta, dell’iceberg), mentre il Super Famicom ha dato i natali ad un’infinità di storiche saghe, ancora vive e vegete nelle piattaforme di ultima generazione, soprattutto nell’ambito J-RPG (ad esempio Star Ocean, Final Fantasy seppur ereditato dal NES).
Axelay risultò importante perché andò a coprire un genere forse sottovalutato all’inizio ma in ogni caso carente rispetto alla controparte Sega.
E fu ancora più importante il segnale dato al mercato perché venne distribuito da Konami con licenza d’esclusiva, segno che la casa giapponese credeva nel progetto e nel filone.
D’altra parte Nintendo si era affidata ad una software house storica ed una garanzia in termini assoluti.
Frogger, Snatcher, Winning Eleven/Pro Evolution Soccer sono solo alcuni titoli presi a caso nel pentolone ricco di successi.
Ma era l’esperienza proprio negli shoot’em up il biglietto da visita più importante per Konami. Gradius, Salamander/Life Force, Contra/Probotector, Parodius non credo abbiano bisogno di particolari presentazioni.
Il team venne affidato al giovane talento Hideo Ueda il quale diede un contributo fondamentale nei più recenti Silent Hill 2 e Metal Gear Solid 3: Subsistance.
Un altro tassello importante fu Taro Kudou, il quale iniziò la sua carriera proprio in Konami riuscendo a dividersi sia come compositore musicale sia come game designer, tanto per dare un’idea della poliedricità di questo artista.
Passiamo all’analisi tecnica.
La decisione di non doversi spremere nel rilasciare più versioni su architetture differenti tra loro, permise agli sviluppatori di spremere al massimo le potenzialità offerte dal Super Famicom, in particolare con il Mode 7.
La tecnologia che permetteva di manipolare il fondale in modo da dare al giocatore una sensazione di effettiva tridimensionalità fu uno dei capisaldi tecnici dettati da Ueda e soci e già sperimentata con successo nel futuristico F-Zero.
Per aumentare la varietà di gioco optarono per una struttura di transizioni che variasse per quanto riguarda lo scrolling, a volte verticale, a volte orizzontale, aumentando il senso di profondità ed immersione spaziale nel mondo rappresentato da Axelay.
A differenza dei tradizionali sparatutto e del meccanismo dei power-up, la potenza di fuoco aumentava in relazione al superamento degli stage dando quindi un premio maggiore alla costanza ed alla tenacia del giocatore.
I colori sgargianti, gli sprite abnormi soprattutto per quanto riguarda i boss finali, in pieno stile J-shoot’em up, la colonna sonora incalzante al limite della paranoia sono altre caratteristiche che lo rendono un titolo imperdibile per gli amanti del genere e della console Nintendo.
L’unica pecca se vogliamo è la presenza di solo sei livelli ed un’intelligenza artificiale che rimane tutto sommato abbastanza piatta invece di aumentare con il progredire del gioco.
Per questo motivo alcuni operatori del settore, in particolare Nintendo Power, penalizzarono la creatura Konami con un voto non agli stessi livelli di altri capolavori.

Questo non ha impedito la sua pubblicazione sul servizio Wii Virtua Console e non impedisce voi di provare per chi non l’avesse mai fatto prima, il frenetico e delirante universo di Axelay.

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