Questa volta lo dice il Time . Non solo con un articolo dall’esaustivo titolo “How Twitter Will Change the Way We Live”, ma anche con tanto di copertina.
Una parte dei lettori di Appunti Digitali si sono sempre mostrati molto critici nei confronti dell’ambiente che rientra sotto il cappello di web2.0, ed in particolare con strumenti di microblogging, anche quando di recente abbiamo parlato di Twitter-mania; probabilmente non cambieranno il loro atteggiamento dopo l’ultima copertina del Time, però forse sarà il caso di prestare un minimo di attenzione in più ad un fenomeno planetario, liberandosi da facili pregiudizi,e dando a questa piattaforma di microblogging il beneficio del dubbio. Un test diretto è d’obbligo, prima di emettere un giudizio definitivo.
Chi scrive non è un fan sfegatato di Twitter, al contrario. Registratomi il 5 di maggio del 2007 l’ho usato con curiosità ed una certa sorpresa per come uno strumento così semplice potesse destare tanta attenzione e seguito, pur confrontandosi con competitor dotati di maggiori funzionalità. Come Pownce, tanto per citarne uno che non esiste più, o l’italiano Meemi.
“In short, the most fascinating thing about Twitter is not what it’s doing to us. It’s what we’re doing to it.”
Il bello di Twitter non è ciò che lui sta facendo a noi, ma quello che noi stiamo facendo a lui. Dove con noi ci si riferisce sia agli utenti e ce agli sviluppatori di programmi di terze parti. Sì, perché ad esempio, è possibile risalire facilmente al proprio primo tweet grazie a myfirsttweet.com, una applicazione che frutta le Api di Twitter. Come quella ce ne sono tantissime altre, esempio classico è il motore di ricerca search.twitter.com oramai acquisito ed integrato in Twitter.
Non sono i 140 caratteri la rivoluzione, ma come noi li utilizziamo; come questi siano capaci di allargare la conversazione in tempo reale, come nell’esempio della conferenza citato nell’articolo del Time, che si ripete praticamente tutti i giorni: ogni conferenza, barcamp, riunione, o workshop si svolge o quantomeno potrebbe svolgersi parallelamente, anche online, tramite i tweet dei presenti, e con il contributo di chi all’esterno risponde ed interagisce, proponendo spunti, approfondimenti.
D’altro canto, altri incontrovertibili dati, secondo farebbero pensare a Twitter come ad ungigante dai piedi di argilla:
- il 10% degli utenti di Twitter producono il 90% dei contenuti
- circa il 60% degli utenti non lo utilizza più dopo il primo mese
- più della metà degli utenti twitta una volta al mese
La mia ipotesi è che tutto questo è spiegabile perché:
- la crescita vertiginosa combinata alla forte esposizione mediatica (soprattutto negli Stati Uniti) comporta necessariamente l’avvicinarsi alla piattaforma di microblogging di un elevato numero di utenti poco consapevoli, e comunque non pronti, che sostanzialmente seguono la moda
- Twitter copre una necessità sostanzialmente non essenziale: dire agli altri cosa si sta facendo. E’ un gioco molto semplice e allo stesso tempo divertente, un p0′ come nascondino: difficilmente sarà il gioco preferito di un bambino, ma ci giocheranno sempre, appena capiterà l’occasione, ed in fondo è sempre divertente. Twitter è altrettanto facile, e anche chi se ne è allontanato, alla prima occasione può tornare da un momento all’altro, perché in fondo sono solo 140 caratteri; basta averne l’occasione.
Allora vi offro un’occasione, per provare Twitter o per tornare ad usarlo se siete tra coloro che lo hanno abbandonato, e vediamo cosa accade. Propongo un piccolo esperimento per allargare questa conversazione: dite in 140 caratteri perché secondo voi twitter cambierà o non cambierà le nostre vite; fatelo su Twitter ovviamente, usando l’ash tag #adtweet. Lunedì prossimo, raccoglieremo e pubblicheremo le risposte più interessanti ed originali.