E’ ormai un decennio che con una frequenza bi-annuale eseguo un aggiornamento del mio personal computer nelle sue componenti principali: scheda madre, processore, RAM e scheda video. La mia passione nei confronti dell’hardware, dei personal computer e, soprattutto, dei videogames mi impone questo tipo di operazione perché come ben sapete, l’evoluzione delle componenti per PC non attende nessuno e restare indietro significa veder compromessa la capacità del proprio computer di eseguire i titoli più recenti.
Nel corso dell’ultima operazione di aggiornamento mi sono posto un quesito che già in altre occasioni simili aveva attraversato i miei pensieri, ma che questa volta ho particolarmente avvertito: è arrivato il momento di abbandonare la scheda audio dedicata in favore di quella integrata o esiste ancora un surplus in termini di qualità e prestazioni che una scheda dedicata è in grado di offrire?
Naturalmente chi lavora a livello semi-professionale o professionale con l’audio un problema simile non se lo pone in quanto le funzionalità richieste spesso obbligano alla scelta di una soluzione dedicata. E’ per questo motivo che vorrei restringere il campo di questa mia riflessione al mercato consumer che, per definizione, non ha l’obiettivo di produrre audio, bensì quello di consumarlo, ascoltando musica, vedendo un film o smanettando ad un videogioco.
Come spesso accade quando si parla di evoluzione delle tecnologie informatiche, anche in questo caso sono le grandi del mercato ad aver definito e controllato gli standard legati all’audio e, in particolare, parliamo di Intel e Microsoft. Nel 1997 il produttore dei Pentium sviluppa lo standard Audio Codec ’97 (AC97) stabilendo i requisiti minimi che un codec audio deve soddisfare nel mercato delle schede audio integrate, dei modem e delle schede audio dedicate.
E’ importante puntualizzare che per codec audio in questo frangente non si intende il codificatore/decodificatore software utilizzato per generare i formati audio MP3, WMA, AAC, ecc…, ma il riferimento è al gruppo elettronico di una scheda audio riservato alla codifica/decodifica dell’audio da e verso il formato digitale: il DAC (Digital to Analogic Converter) e l’ADC (Analogic to Digital Converter). Lo standard AC97 prevede una frequenza di campionamento fino a 96 kHz in riproduzione stereo e fino a 48 kHz in riproduzione multicanale, sia a 16 bit che a 20 bit.
Lo standard AC97 può essere considerato il requisito minimo che qualunque soluzione audio per personal computer deve soddisfare dal 1997 in poi e se si confrontano tali requisiti con le specifiche tecniche della maggioranza delle schede audio integrate fino al 2004, queste rispecchiano in buona parte tale standard.
Alla fine degli anni 90 era ancora molto forte il successo delle schede audio Sound Blaster e Creative seppe ben capitalizzare questo suo vantaggio introducendo le Sound Blaster Live! nel 1998 che, pur rimanendo ben ancorate allo standard AC97 in termini di risoluzione audio, proponevano un’accelerazione in hardware dell’audio posizionale DirectSound 3D estremamente avanzata, grazie anche all’introduzione delle Environmental Audio eXtensions (EAX).
I concorrenti dell’epoca erano Aureal Semiconductor e IC Ensemble, entrambi produttori di processori audio. La prima sviluppò i portentosi processori audio Vortex e la sua API per l’audio posizionale Aureal 3D (A3D), ponendosi in netto contrasto con Creative. La seconda, invece, progettò un processore audio chiamato Envy24 e destinato a far storia in quanto fu il primo ad introdurre un’elaborazione audio a 24 bit lungo tutto il percorso di calcolo dell’audio digitale, caratteristica che Creative ha supportato solo recentemente con le Sound Blaster X-Fi.
Alle soglie del nuovo millennio, quindi, il mercato esponeva un ampio ventaglio di soluzioni, ognuna delle quali proponeva un valore aggiunto al mercato consumer che le soluzioni audio integrate non erano in grado di offrire: dal punto di vista velocistico i chip audio integrati spesso non offrivano un’accelerazione in hardware delle EAX e dell’A3D, mentre in termini qualitativi soffrivano sia di ADC e DAC dalle caratteristiche spesso inadeguate, che degli ovvi disturbi elettromagnetici dai quali un componente integrato su una scheda madre difficilmente può difendersi.
Come è possibile, dunque, che dal 2000 ad oggi l’offerta del mercato delle schede audio si sia appiattita al punto da far sorgere dubbi sulla reale utilità di una scheda audio dedicata in ambito consumer? Innanzitutto Aureal Semiconductor, anche grazie alle spese legali che dovette sostenere per difendersi dalle accuse, poi rivelatesi infondate, di Creative, legate a presunti brevetti violati, dichiarò bancarotta nel 2000 e fu acquistata da Creative stessa per 32 milioni di dollari. Così facendo l’unica reale alternativa alle Sound Blaster in ambito gaming sparì. Sempre nel 2000, inoltre, VIA Technologies acquisì IC Ensemble il che, benché non portò alla disfatta dei chip Envy24, li relegò a pochi prodotti che nel tempo non hanno saputo rinnovarsi.
A questo punto sarebbe lecito pensare che Creative sia rimasta dal 2000 in poi l’unica incontrastata regina nel mercato delle schede audio. In realtà si può dire che nel 2004 prima e nel 2007 dopo, la madre del brand Sound Blaster subì forti ridimensionamenti e con lei l’intero mercato delle schede audio dedicate. Nel 2004, infatti, Intel rilascia le specifiche dell’Intel High Definition Audio (nome in codice Azalia), il protocollo successore dell’AC97.
Secondo tale standard un codec, per essere dichiarato compatibile, deve supportare in riproduzione stereo un segnale fino a 192 kHz a 32 bit, mentre in riproduzione multicanale fino 96 kHz a 32 bit. L’innalzamento delle specifiche dello standard audio di riferimento ebbe due risvolti. Innanzitutto furono evidenti i limiti delle schede Sound Blaster Audigy 2, punti di riferimento dell’epoca, che pur supportando specifiche simili a quelle definite nell’Intel High Definition Audio in termini di DAC e ADC, erano in grado di eseguire i calcoli internamente solo a 16 bit e 48 kHz.
Dal punto di vista qualitativo le soluzioni Creative mostrarono, quindi, alcuni limiti che soluzioni concorrenti come l’Envy24 avevano risolto anni prima. Il secondo risvolto fu un lento ma inesorabile miglioramento delle specifiche tecniche dei chip audio integrati sviluppati da Realtek e Analog Devices. La componente gaming restò, nonostante tutto, il grande vantaggio di Creative e delle sue Sound Blaster: chi voleva assaporare gli effetti di audio posizionale della più recente revisione delle EAX completi di accelerazione in hardware non poteva che affidarsi a queste schede.
Nel 2005, inoltre, Creative consolidò la sua posizione con l’introduzione delle Sound Blaster X-Fi, che risolsero tutte le limitazioni tecniche delle precedenti Audigy 2, proponendo audio digitale processato ad alta qualità dal potente processore EMU20K1. Sfortunatamente a rovinare la festa a Creative fu l’arrivo solo un anno più tardi di Windows Vista.
Il nuovo sistema operativo Microsoft, infatti, introdusse un nuovo stack dedicato all’elaborazione audio che tronca l’accesso diretto all’hardware via DirectSound. Il risultato è che l’accelerazione in hardware attraverso l’API DirectSound venne di fatto dismessa e, con essa, anche quella delle estensioni EAX di Creative. Notevoli furono le lamentale di quest’ultima nei confronti della scelta adottata da Microsoft per il suo nuovo sistema operativo: del resto tale scelta andò ad intaccare il principale punto di forza delle schede audio Sound Blaster nei confronti delle soluzioni integrate.
In realtà il problema si poneva soltanto per i videogiochi facenti uso dell’API DirectSound, perché tutti quelli che si affidavano all’altra API dedicata all’audio posizionale, OpenAL, continuarono tranquillamente a funzionare anche sotto Windows Vista.
Creative non rimase comunque con le mani in mano e diede subito vita ad un progetto denominato ALchemy il cui scopo è quello di intercettare le chiamate DirectSound 3D e di trasformarle in equivalenti chiamate OpenAL. In questo modo Creative ripristinò l’accelerazione in hardware per tutti i titoli facenti uso del DirectSound 3D e parallelamente diventò la più grande promotrice e sviluppatrice dello standard aperto OpenAL.
Anche in questo caso, tuttavia, lo scontro con Microsoft è aperto in quanto la scelta effettuata con Windows Vista è stata solo il preludio di un disegno più ampio nell’evoluzione delle API audio: l’obiettivo di Microsoft è quello di evolvere la piattaforma audio della console XBox 360, denominata XAudio, proponendone una versione rinnovata (XAudio 2) compatibile sia con XBox che con Windows (XP, Vista e Seven), in maniera da unificare il più possibile lo sviluppo dei videogame per la sua console che per i personal computer.
Snocciolato questo background e tenendo ben presente che oggi esistono soluzioni audio integrate come l’ALC889 di Realtek o l’AD1937 di Analog Devices le cui specifiche tecniche risultano essere abbastanza competitive nei confronti delle schede audio Sound Blaster di Creative e Xonar di Asus, quanto reale spazio esiste per le schede audio dedicate nel mercato consumer?