Ne avevamo già discusso ampiamente, anche insieme ai lettori, nei giorni in cui il Senatore dell’UDC D’Alia propose l’emendamento al DdL 733 per la predisposizione di uno strumento di censura ministeriale che scavalcasse le aule dei tribunali. Non ne parlammo soltanto noi a dire il vero, com’è ovvio l’argomento tenne banco ovunque in rete, suscitando sdegno e rabbia.
L’emendamento in questione, noto anche come Art. 60, torna a far parlare di sé, ma sta volta (e una volta tanto) per chiudere definitivamente la questione con un bel lieto fine.
Dopo un lungo e faticoso iter, è stato approvato un emendamento all’emendamento, che questa volta porta il nome di Roberto Cassinelli (PdL), composto di sole 22 battute: “Sopprimere l’articolo 60.”
Grida di gioia si levano nei newsgroup, nei blog e nei forum in cui è arrivata la notizia. Ci hanno guadagnato gli internauti italiani, la libertà di espressione e chi ci ha messo la faccia per difenderla.
Come mai però, nonostante rare eccezioni come quella di Cassinelli, di politici attivi sul web non se ne vedono?Mentre gli opinion leader televisivi demonizzano la rete attraverso luoghi comuni imbarazzanti persino per chi ascolta, la rete mostra una certa carenza di partecipazione politica, anche perché questa non è favorita dalla classe dirigente.
Oltre a qualche canale istituzionale che più che confrontarsi con i netizen illustra l’operato del Governo senza possibilità di replica e a qualche intervento occasionale che si potrebbe anche evitare, i politici in genere (parlamentari ma non solo) sono ancora molto restii ad affrontare il confronto diretto con i cittadini e ad accettare consigli da loro.
L’On. Roberto Cassinelli non è in assoluto il primo ma è un rarissimo e prototipale esempio di come la politica italiana possa avvicinarsi al web e a chi ne fa parte, cercando di imparare da essa (scremando accuratamente il “rumore”).
Di certo non si fa niente per niente, Cassinelli da questa vicenda sta ottenendo una lauta ricompensa in termini di ritorno di immagine ma, per carità, non c’è niente di male nei casi in cui questa arriva dopo un risultato concreto.
Si attribuisce spesso l’assenza dei politici sul web ad una conclamata analfabetizzazione tecnologica e certo non ho intenzione di dimostrare il contrario. Ma l’assenza di un contatto diretto, un confronto reale con i cittadini, piuttosto che un lavoro propagandistico destinato ad elettori, è un condizione storica nel nostro Paese, fin dagli albori della nostra democrazia, ben prima quindi dell’invenzione dei modem, e allora chissà che la mancata comprensione dell’utilità della rete da parte della nostra classe politica non derivi dalla ben più antica mancanza della cutura del dialogo e del confronto, più che da una scarsa attitudine nei confronti della tecnologia.
C’è da augurarsi che esempi come quello di Roberto Cassinelli e di altri rari pionieri, come Fiorello Cortiana prima di lui, siano i primi “rudimentali” esempi di un rapporto più diretto e trasparente tra cittadini e politica, sperando poi che anche i netizen facciano sempre più la loro parte.