Ci siamo più volte soffermati sull’impatto del fenomeno della pirateria nelle vendite di videogiochi ed in particolare Francesco Carucci in questo articolo spiega il perché, a differenza di quel che pensano più per stereotipo che altro, danneggi tutto il business model dell’industry.
In un’intervista a tutto tondo, pubblicata da Gamasutra, Peter Dille, Senior Vice President della divisione marketing di SCEA (Sony America), tocca alcuni nervi scoperti focalizzandosi soprattutto sul poco successo della piattaforma PSP.
Anche Appunti Digitali aveva riportato il dato raggiunto non trascurabile di 50 milioni di unità, ma già in quella sede era stato rilevato, anche perché evidente agli occhi di tutti gli utenti, la mancanza di titoli di rilievo e vere e proprie killer application degne di questo nome.
Dille non si sottrae alla critica e spiega l’errore di aver cercato di veicolare la PSP come PS2 portatile mentre i potenziali acquirenti oltre alle capacità multimediali della console di casa Sony ricercavano evidentemente anche le novità che valessero l’acquisto, novità invece clamorosamente mancate durante il ciclo di vita almeno fino al 2008, consentendo al Nintendo DS di prendere sostanzialmente il largo.
– “Consumers don’t want ports on a portable system; they want a different game. A lot of these people owned PS2s as well, too, and they didn’t just want one for home and one to go; they want a different experience. That was something that we didn’t do a good enough job of explaining at the outset; once we did start to explain that third-parties got on board.“ –
Il fatto però che nonostante la base di installazioni sia tra le più diffuse (considerando gli handheld portatili sia quelle da salotto) non ci siano mai giochi PSP nella top10 di titoli più venduti è causa anche e soprattutto della pirateria.
– ” I’m convinced and we’re convinced that piracy has taken out a big chunk of our software sales on PSP. It’s been a problem that the industry has to address together; it’s one that I think the industry takes very seriously, but we need to do something to address this because it’s criminal what’s going on, quite frankly.
It’s not good for us, but it’s not good for the development community. We can look at data from BitTorrent sites from the day Resistance: Retribution goes on sale and see how many copies are being downloaded illegally, and it’s frankly sickening. We are spending a lot of time talking about how we can deal with that problem. “ –
E vengono ribaditi ancora una volta due concetti fondamentali.
Il primo che per quanto faccia evidentemente comodo a tutti di ottenere e giocare con software gratuitamente questo si traduce in un danno collaterale, come un effetto domino, per tutta la filiera.
Il publisher ha meno ritorni e quindi potrà avrà un budget inferiore per sviluppare il titolo successivo, la software house ed il team incaricato dello sviluppo riceverà a sua volta quel budget inferiore e quindi si troverà costretta a lavorare in condizioni peggiori (economiche ma non solo, con potenziali tagli sia al personale che alle strutture) e continuando di questo passo le third party possono finire per abbandonare la piattaforma perché non genera abbastanza revenue.
Inutile dire che senza titoli una qualsiasi console è destinata a morte certa.
Il secondo aspetto è che ci si trova di fronte ad un problema essenzialmente culturale e di educazione e dove la legalità dev’essere il filo conduttore delle azioni di ciascuno di noi.
– “it’s going to require legal; it’s going to require education. I think gamers, if they understood if this meant that a platform would go away, can we convince gamers to pay for their content?
I’m not naive, but I do think that most people are inherently honest. We learned a lot from the music business, and it became so easy and so common to download illegal music — everyone was doing it. It’s almost like people lost sight with the fact that, well, “If everyone’s doing it, then it can’t be that bad.”
But, it actually is bad; it’s bad for the platform. Again, I’m not saying that that’s a magic wand; I think that we have to make sure from a technological perspective that it’s not as easy as it is to do that.” –
Una soluzione dunque potrebbe essere il digital delivery, prospettata sempre in questi giorni da Dave Perry, fondatore di Acclaim.
[image courtesy of Kotaku]