Microsoft ha poche settimane fa sottolineato con forza le diseconomie che il fenomeno netbook ha generato nei suoi bilanci, principalmente nei termini di una riduzione degli incassi per licenza venduta. Nel caso dei netbook infatti, essendo l’alternativa Linux molto più prossima di quanto non lo sia in altri comparti, il colosso di Redmond si è trovato nella posizione di dover scegliere fra la difesa della quota di mercato e quella dei margini.
Se con Windows XP, a costo di rimetterci danaro, Microsoft ha scelto la prima opzione, con Windows 7, attraverso una serie di limitazioni artificiali, l’obiettivo è quello di salvare capra e cavoli.
Come? Fornendo ai produttori di netbook delle licenze “Starter” di Windows 7, che offrono la possibilità di eseguire solo 3 programmi contemporaneamente. Già, 3 programmi: Skype, e-mail e browser aperti? Per loggarvi su messenger dovrete scegliere cosa chiudere.
L’obiettivo di questa strategia è dunque l’incremento dei margini provenienti dal mondo netbook: dopo aver esperito gli effetti della limitazione, l’utente dovrebbe mettere mano a portafoglio, acquisire un nuovo seriale e sbloccare le funzionalità aggiuntive.
Paul Otellini non ha esitato a definire la strategia rischiosa. Come giustificare, allo stesso prezzo, l’esistenza di un’alternativa Linux full featured? Come convincere l’utente – particolarmente con il forte tasso di “pirateria” caratteristico dell’utenza Windows – a pagare per un seriale che sblocchi ciò che già risiede nel suo hard disk, piuttosto che ricorrere a un crack?
E poi, a quale prezzo? Si arriverà a chiedere all’utente di pagare l’upgrade un terzo o la metà di quel che è stato speso per l’acquisto del netbook?
C’è il rischio che questa strategia, più che favorire le casse di Microsoft, ne danneggi la reputazione – una reputazione che, dopo Vista, è legata a doppio filo alle sorti di Seven. Si tratta tuttavia di un rischio che il colosso di Redmond mostra di avere l’intenzione di correre.