Da qualche giorno è disponibile la versione 5.0 di Google Earth che porta con se parecchie novità, tra le quali la possibilità di esplorare anche gli oceani, “tornare indietro nel tempo” ed infine creare dei propri tour da condividere con altri utenti.
Nonostante sia un prodotto che permette di navigare tra le stelle, grazie alla partnership con la NASA, sulla terra e come detto anche negli oceani, sul blog di Google possiamo leggere che “è ancora ben lontano dall’aver raggiunto la sua maturità. Per questo continuiamo a raccogliere i vostri commenti, i suggerimenti e le opinioni essenziali per farlo crescere e migliorare.”
Ma perché Google spende tempo e risorse in un progetto che ad una prima occhiata potrebbe sembrare poco remunerativo?
Come sottolineato da un post di Cnet, i motivi sono tanti. Innanzitutto si delineano due strategie di marketing una a corto e l’altra a lungo termine. Nel primo caso bigG tenta di monetizzare mediante la vendita di account Pro, immagini, spazi pubblicitari mirati grazie alla geo-localizzazione. Google Earth inoltre è una piattaforma che si avvale di innumerevoli informazioni messe a disposizione da utenti, che molto spesso non vengono pagati da Google.
Nella strategia a lungo termine, il colosso di Mountain View ha in mente di creare un prodotto che possa essere utilizzato per scopi didattici da giovani studenti, i quali possono cosi prendere confidenza con i prodotti offerti da Google e scegliere questi quando saranno nel mondo del lavoro; un po’ come avviene attualmente nelle scuole dove s’insegna agli studenti a familiarizzare con Windows e Office. Nei piani futuri Google prevede anche di inserire locali, bar, ristoranti, servizi, etc. all’interno del software cosi da poter essere un valido sostituto alle guide cartacee.
E da vedere anche in quest’ottica la scelta di bigG di far approdare sul browser Google Earth mediante apposite API (Che ironia della sorte per Chrome non sono disponibili). In definitiva, con questa quinta versione, Google sta portando avanti un progetto ambizioso che pur non avendo economie immediate, promette un grande cambiamento nell’approccio didattico alla geografia.