Oggi, in Videodrome – ai confini del video, parleremo in maniera dettagliata di uno strumento chiamato Interrotron.
Da sempre, all’intero del variegato mondo dei documentari, la sperimentazione tecnica rappresenta un processo fondamentale (e imprescindibile) per il raggiungimento di determinati risultati stilistici, narrativi e percettivi.
Non solamente “l’arte dell’arrangiarsi” oppure la “ripresa in condizioni estreme” richiedono delle modifiche alla macchina da presa ma, come nel caso che esaminiamo oggi, anche la necessità di esprimere una determinata condizione percettiva, reclama una tecnologia adeguata.
Qualche anno fa, per ricreare il naturale eye-contact tra i due soggetti comunicati di un’intervista (cosa difficile da realizzare a causa dell’inibizione dovuta alla macchina da presa), il famoso regista Errol Morris ha creato un dispositivo chiamato, appunto, Interrotron.
Usato nella maggior parte dei suoi film: The Fog of War, Mr Death, Thin Blue Line, Gates of Heaven , Standard Operating Procedure, questo dispositivo cerca di instaurare, a livello percettivo, una sorta di contatto visivo virtuale tra l’intervistato e l’intervistatore; lo sguardo dell’intervistatore, ovviamente, durante il processo di visione si allinea con lo sguardo dello spettatore del film stesso.
Il regista può vedere il soggetto intervistato sul proprio monitor attraverso una riflessione del proprio Teleprompter e, allo stesso tempo, la persona che risponde alle domande può vedere la faccia riflessa dell’intervistatore (regista nel caso di Morris) su un altro Teleprompter installato sulla cinepresa principale post di fronte a lui.
In altre parole: la faccia di ogni persona viene riflessa davanti all’obiettivo della videocamera dell’altra persona.
Complesso?
Non molto. Ma facciamo un passo indietro: un Teleprompter altro non è che il famoso gobbo della televisione, un dispositivo che messo davanti alla telecamera permette, ad esempio ai giornalisti, di leggere le notizie senza togliere lo sguardo dall’obiettivo. Una soluzione semplice e efficace, un gioco di specchi che riflette un’immagine proprio davanti alla videocamera. Il teleprompter è costituito da elemento di base che si installa sul cavalletto della telecamera e da una struttura che ospita sopra la telecamera e sotto un monitor. Davanti all’obiettivo della telecamera viene invece posizionato uno specchio semitrasparente (antiriflesso da un lato e riflettente dall’altro), che riflette il testo rovesciato che scorre sul monitor.
Teleprompter:
Interrotron:
Per capire meglio: LINK
Insomma: due macchine da presa (una videocamera e una cinepresa) e due teleprompter combinati assime. Morris ha comunque sperimentato anche l’uso di più camere, fino ad una decina insieme (il numero può essere, ovviamente, illimitato).
Ma perché creare questo complesso sistema di doppio Teleprompter? Come dice il regista, il motivo sta nella volontà di ricreare la sensazione della “prima persona”; nel senso che se uno spettatore guarda un film, dove un soggetto viene intervistato con l’Interrotron, la sensazione di coinvolgimento è altamente amplificata – come se quella persona stesse direttamente parlando con lui, senza l’intervento di una terza parte (l’intervistato nel film parla direttamente allo spettatore in sala).
Eye-contact, come nella vita reale, Quando parliamo con un’altra persona, quello che facciamo è, prima di tutto, istaurare un contatto visivo, ci “guardiamo in faccia”. L’Interotron cerca proprio questo: avvicinarsi al massimo ad una condizione comunicativa reale, ricreare la stessa intimità, le stesse espressioni facciali, la stessa complicità.
Ultima cosa. Sembra che il nome di questo dispositivo sia stato inventato dalla moglie di Morris, un termine che combina insieme le due parole: “terror” e “Interview”.