Da quando Vista è uscito sul mercato, si è scatenata una guerra di religione, fra una cerchia di sostenitori del vecchio XP e i supporter del nuovo nato. Una guerra accompagnata da un notevole volume di FUD, diffuso spesso da persone poco informate, e altrettanto spesso recepito da persone ancora meno informate, tuttavia ben radicato sulla percezione degli utenti. Una percezione amplificata, per la prima volta in queste proporzioni, dal non più prescindibile eco di Internet, in cui mai come prima risuonano i chiaroscuri della reputazione di Microsoft.
Al netto di tutte queste considerazioni e delle politiche di bundling, è piuttosto riconosciuto che Vista abbia avuto un successo di vendita al di sotto delle aspettative, pur vivendo in un mercato PC complessivamente in buona salute.
In questo post svilupperò alcune considerazioni storiche/di scenario per stimolare una riflessione più informata su un fenomeno che si presta ad enormi banalizzazioni, le quali compaiono puntualmente nei commenti di ogni articolo in cui si parli di Vista: la competizione con XP.
All’alba della storia di Windows, c’è un episodio che va memorizzato per comprendere meglio quello che osserviamo in questi mesi. Nel luglio 1993 Microsoft rilasciava Windows NT, con l’obiettivo di contrastare lo strapotere di Unix nel mercato professionale con un OS più potente di DOS, indipendente dall’architettura hardware, capace di multiprocessing e multiutenza.
Questo OS andava ad affiancarsi a Windows 3.1, che da quel momento in poi smetteva di essere l’OS per tutti, per divenire il punto di riferimento del mercato consumer, ed assumere una direzione evolutiva parallela. Da questo punto di cesura si dipartirono due rami: da un lato il ramo degli OS basati su/integrati con DOS, Windows 3.11, 95, 98, SE e ME; dall’altro la famiglia NT con 3.1, 3.5, 3.51, 4 e Windows 2000.
Il 25 ottobre 2001 fu rilasciato Windows XP, sviluppato con tecnologia NT. Un OS finalizzato non a unificare le due famiglie, ma a trasportare nel mondo consumer la stabilità e la potenza di NT, laddove la famiglia 9x basata su DOS, dopo ME, sembrava giunta al capolinea.
Windows XP voleva in un certo senso rimpiazzare il dual boot di Windows 2000 e 98, che su molti PC ha tenuto banco a lungo, per conciliare la retrocompatibilità di Windows 9x con la stabilità di NT.
Tutto questo per dire che Windows XP, il tanto vituperato XP, rappresenta una delle mosse più audaci – ancorché inevitabile poiché ulteriori evoluzioni di 9x ne avrebbero richiesto una completa riscrittura – di Microsoft: un cambio radicale di tecnologia in un mercato sensibile come quello consumer, un taglio netto col passato e col DOS, l’adattamento di una tecnologia nata nel mondo professionale, agli usi tipici del mondo consumer, con tutti i relativi compromessi necessari. Compromessi che hanno fatto di XP, specialmente nella versione pre-SP, un OS piuttosto mediocre, ma tuttavia perno di un cambiamento epocale.
Nella storia di Microsoft, usando una metafora architettonica, Windows XP non rappresenta dunque un abbellimento di facciata, ma nuove fondamenta su cui costruire il futuro del segmento OS consumer di Microsoft. Fondamenta che, vuoi per ritardi nella roadmap, vuoi per i frequenti aggiornamenti, vuoi per l’assenza di una reale competizione, hanno retto per quasi 8 anni.
Una situazione simile a quella affrontata solo pochi mesi prima da Apple. A marzo 2001 arrivava infatti sugli scaffali Cheetah, alias OS X 10.0. Un OS che, dopo anni e numerosi tentativi falliti, prendeva in carico il difficile compito della successione a Mac OS 9. Oltre ad un look&feel profondamente rinnovato, in Cheetah facevano la loro comparsa nuove funzionalità lungamente attese – una per tutte il preemptive multitasking, presente sull’Amiga dal 1984. Anche in questo caso è corretto parlare di nuove fondamenta, col distinguo che non si trattò di adattare una tecnologia esistente ad un altro segmento, quanto piuttosto di partire da zero – avendo tuttavia come riferimento una comunità utente e un ecosistema software molto più contenuti.
Malgrado le molte novità, le performance di Cheetah erano deludenti e l’OS soffriva di numerosissimi problemi di stabilità e compatibilità. Tanto che per qualche tempo, anche nel mondo Mac si creò uno zoccolo di “graybeard” fedeli al caro vecchio OS9, a partire dal mondo professionale della grafica e della musica, e la stessa Apple attese fino al 2002 prima di usare OS X come OS predefinito sui Mac.
Allo stesso modo di Windows XP SP2 – che tuttavia correggeva principalmente problemi di sicurezza – molti ritengono Panther, alias OS X 10.3, rilasciato nell’ottobre 2003, la prima versione pienamente matura e fruibile di OS X.
Da questo volo radente su alcuni punti cruciali dell’ultimo decennio, risulta chiaro che, in corrispondenza di importanti evoluzioni – le fondamenta di cui abbiamo parlato sopra – è inevitabile la comparsa di elementi problematici che si ripercuotono sull’esperienza d’uso di un OS.
Questo non toglie che, tanto sul versante Apple quanto su quello Microsoft, siano spesso comparsi sul mercato prodotti immaturi. Più importante è però osservare che, se le fondamenta sono ben costruite, i vantaggi diventano visibili col tempo.
Il punto di equilibrio a cui uno sviluppatore di software come Apple o Microsoft mira non è dunque un OS perfetto dal giorno 1, ma la proporzionalità fra elementi problematici e miglioramenti, attuali o potenziali, derivanti dalle novità introdotte. Su questa proporzione incide ovviamente la tenuta della propria base utente, ossia la possibilità che gli utenti di un certo OS hanno di migrare in modo indolore a piattaforme alternative, non appena sopraggiunge qualche difficoltà.
Su questa base, memori del non altissimo iniziale gradimento di XP, torniamo dunque a Vista, ponendoci quelle che secondo me rappresentano le domande più corrette per capire quanto sia giustificabile la nuvola di malcontento che ancora aleggia attorno al nuovo OS.
Innanzitutto una domanda per tecnici: assodata la profondità delle evoluzioni introdotte da Windows XP sul 9x, possiamo dire che le novità proposte da Vista su XP siano altrettanto radicali e rilevanti abbastanza da rappresentare nuove fondamenta?
Poi, dal punto di vista degli utenti finali – coloro da cui in ultima analisi dipende la popolarità e la reputazione di un prodotto: quanto sono utili e percepibili le innovazioni introdotte da Vista rispetto alla precedente generazione di OS?
Se queste domande forniscono una chiave di lettura attendibile su passato e presente di Vista, con l’arrivo di Windows 7 – “un Vista che funziona” secondo Ballmer – capiremo se le innovazioni nate con il nuovo OS, rappresentano delle buone basi per il futuro di Windows o se piuttosto è veritiera la teoria secondo cui Microsoft sta ritardando troppo la ristrutturazione delle fondamenta.