Questo fine settimana è stato caratterizzato da grande fermento nella blogosfera, tutto concentrato a dibattere sulla questione sollevata da Francesco Minciotti relativa al nuovo Skypephone di Tre Italia.
Il blogger rilevava in un suo interessante e dettagliato post, come fosse difficile comprendere le reali condizioni contrattuali dell’offerta di Tre e di come fossero disinformati e superficiali sia gli operatori di Tre che i rivenditori.
Il post ha generato centinaia di commenti in pochissimi minuti e, soprattutto uno, ha acceso ancor di più gli animi della conversazione. Si è trattato dell’intervento di Massimo Cavazzini che, in modo a mio avviso volgare e maleducato, ha replicato alle critiche mosse da Minciotti, difendendo il prodotto dell’azienda per cui lavora.
Non voglio entrare nel merito delle condizioni contrattuali, rimando al sito di Tre che, dopo la tempesta, ha tardivamente allestito una pagina di spiegazione un po’ più chiara (almeno nelle intenzioni). Ciò che mi interessa rilevare è la strepitosa forza del Web 2.0 in negativo.
Recentemente sono stato allo IAB Forum 2007 e anche in quella occasione, così come in tante altre, si parla tantissimo di quanto il Web 2.0 sia utile, offra opportunità di business, apra nuovi orizzonti per l’advertising e così via. Poco si dice, invece, sull’effetto negativo che il Web 2.0 ha sulle aziende.
Chi si comporta male è immediatamente punto dagli utenti che oggi sono in grado di comunicare tra loro e far circolare informazioni rilevanti, con grandissima semplicità e immediatezza. Pensiamo al caso HSBC di qualche mese fa. La nota banca decise di tagliare i prestiti a tasso zero per studenti e lo fece durante il “Summer break”, sperando di far così passare inosservata la notiza. Ebbene, gli studenti statunitensi e inglesi in vacanza erano soliti connettersi ai propri social networks preferiti e sono subito venuti a conoscenza della cosa, scatenando una tempesta incredibile sul web.
Risultato? Ancora oggi cercando su Google “HSBC student loans” troverete, assieme al sito della banca, i tanti siti di protesta degli studenti e gli articoli di importanti quotidiani che riportano la vicenda. Danno incalcolabile.
Stessa sorte per Tre Italia, provate a cercare Skypephone su Google e troverete al primo posto il sito di Tre, al secondo il blog di Francesco Minciotti. Permettetmi di fare una veloce considerazione alla poca furbizia di Tre che ha proposto sul mercato un prodotto rivolto ad un pubblico competente e sofisticato (Skype non è esattamente un prodotto noto alle masse italiche e ancor meno è l’esigenza di averlo sempre con sé), ingabbiandolo all’interno di trucchini e reticenze che, come prevedibili, sono stati velocemente smascherati.
Questi episodi mi riempiono di ottimismo ed entusiasmo, perchè realizzando quanto predetto dal noto studioso David Weinberger e da me profondamente condiviso. Gli strumenti partecupativi oggi a disposizione degli utenti distruggono le barriere tradizionali che per anni sono state imposte. L’utente non è più una pecora che fa parte di un gregge costretto a seguire percorsi prestabiliti dai media tradizionali e dalla pubblicità, ma è autonomo e capace di trovare informazioni rilevanti evitando i messaggi, talvolta distorti, provenienti dai canali tradizionali.
In questo modo le aziende possono ottenere due grossi vantaggi (sintetizzando): le aziende “buone” ricevono pubblicità gratis e vedono i profitti salire, senza grossi investimenti, dato che il marketing lo fanno direttamente i consumatori; viceversa le azienda “cattive” sono in grossi guai perchè il web mette sullo stesso piano i loro poco credibili siti e comunicati stampa, con i blog dei consumaotori che con le loro esperienza possono distruggerle.
La palla passa ora alle aziende, gli utenti hanno fatto capire che hanno molto più potere di prima e che i vecchi schemi non funzionano più. Le aziende che sapranno cogliere il cambiamento fioriranno, quelle che cercheranno a tutti i costi di ancorarsi a paradigmi ormai antiquati saranno destinate a fallire.