Copyright come strumento di potere nell’era digitale – parte 2: i limiti della rete

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Nella prima parte di questo articolo mi sono occupato della guerra di classe tra i “vecchi” media e la rete, in cui la difesa del diritto d’autore, distorta con tecniche subdole di cui ho già avuto modo di scrivere, rappresenta la facciata di una lotta che nasconde interessi ben più grandi.

Qui invece voglio occuparmi del web, dei suoi limiti e di come possono essere usati per distorcere la realtà.

All’inizio della prima parte avevo accennato alla necessità di creare una memoria collettiva distribuita, duplicando i contenuti presenti in rete, nei vari servizi online e nei pc degli utenti. Chiaro che le leggi che regolamentano il diritto d’autore sono un freno per la diffusione e la duplicazione.

Dietro a un misero tentativo di arginare la pirateria, si nascondono ombre e risvolti preoccupanti, che vanno a ledere la libertà di informare ed essere informati. A causa poi dell’indifferenza a questi problemi da parte dell’elettorato, le cose stanno peggiorando rapidamente, revisione dopo revisione, sia in Italia che nel resto del mondo.

I contenuti digitali in streaming e i formati che, insieme ai DRM e a tecniche anticopia, non permettono (in teoria) la copia e la ridistribuzione, cercano invano di frenare la pirateria. Quest’ultima in realtà non causa i danni catastrofici che l’industria del settore paventa, allo stesso tempo favorisce la conoscenza e la diffusione delle opere, contribuendo ad accrescere la fama dell’autore. Il problema torna sempre al solito punto: se gli utenti si scambiano da soli i contenuti, diventano conseguentemente indipendenti nella scelta. Indipendenti dalle produzioni e dai network moralizzatori.

Il problema diventa ancora più complesso quando sono gli stessi autori a voler scavalcare la distribuzione per fare da soli, è stato fatto da qualche grande nome ed è un fenomeno ormai consolidato tra autori ed artisti emergenti. Stranamente però se si parla di leggi e norme, per scavalcare i vecchi schemi anche gli autori sono spesso costretti ad andare contro le regole. Il problema ha raggiunto proporzioni talmente grandi che evidentemente non può più essere ignorato.

Discutiamo poi strettamente di informazione. Se le attuali leggi sul diritto d’autore venissero applicate scomparirebbe l’informazione stessa dalla rete.
C’erano una volta televisioni munite di videoregistratori, e giornali. Un atto, un evento, una dichiarazione mandati in onda o stampati, entravano ufficialmente nella storia. Diventavano documento, consegnato alla storia e ai posteri, liberi questi, di giudicare fatti e personaggi per sempre.

Se i contenuti digitali distribuiti in rete non venissero copiati, i detentori dei diritti di una qualsiasi pubblicazione, avrebbero la facoltà di modificarle e cancellarle in qualsiasi momento, con conseguenze catastrofiche.

Si limiterebbe enormemente la responsabilità di chi scrive e pubblica, mettendo nei guai chi lo contesta, poiché ogni prova può essere immediatamente eliminata, si potrebbero far scomparire nel nulla fatti, persone e dichiarazioni compromettenti, rendendo impossibile un confronto delle fonti, trasformando quindi l’informazione in una brodaglia informe da cui sarebbe impossibile tirar fuori la verità.

Noi blogger, che della rete abbiamo un’alta considerazione e un profondo rispetto, siamo soliti assumerci le nostre responsabilità. Quando sbagliamo, lo ammettiamo tirando una riga sopra i nostri errori, lasciandoli in bella mostra, integrando se necessaria una correzione.

L’alto giornalismo, arrivato sul web dalla carta stampata ha preferito cancellare ogni traccia, in diverse occasioni in cui i blogger hanno scoperto una sua vergogna.

Proprio a me capitò, tempo fa, un episodio emblematico di quanto sto scrivendo. In un altro blog con cui collaborai, riportai una segnalazione di Greenpeace, che accusava l’ENEA di mentire spudoratamente sui costi della produzione di energia elettrica dal nucleare.

Nel post riportai il numero di pagina (471) del pdf in cui erano presenti i dati contestati dall’associazione. Se andate a leggere il documento e cercate i dati contestati non troverete nulla. Me ne accorsi soltanto qualche mese fa. Fortunatamente la fonte autorevole da cui presi la notizia mi salva da una figuraccia, fatto sta che la tabella comparativa dei costi di produzione per kW è sparita nel nulla.

Beppe Grillo, nella sua battaglia per la libertà dei blogger sostiene che l’informazione in rete non ha bisogno di regole e che sta bene così. Per quanto io comprenda il rifiuto di entrambe le proposte di legge contestate dal comico, c’è bisogno di nuove normative per ridimensionare il potere liberticida di quelle in vigore, che risultano antidemocratiche in un sistema di comunicazione veloce quanto volatile, qual è il web.

Mancano poi, leggi che tutelino l’informazione e i commenti degli utenti (come già avviene ad esempio negli USA) ed è giusto anche che, chiunque pubblichi materiale su Internet si assuma le responsabilità del caso, ma va fatto senza limitare i diritti fondamentali di ognuno.

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