I segni di una pericolosa internet-dipendenza sono spesso molteplici, a volte palesi e a volte subdoli. Il ritornello “internet ci rende asociali, internet divide” ci ha francamente stufato, perché è facilissimo dimostrare che non è così e che le occasioni per vivere di persona le cose iniziate su internet non mancano di certo (anche se ovviamente è necessario fare un passo avanti con la propria volontà, ma se manca quella manca per qualsiasi cosa). Però a volte mi capita di pensare che tutto sommato me ne sto bene nella mia “celletta di ape”, e che anche se fosse come dicono – ma non lo è, lo ribadisco a scanso di equivoci – non sarebbe poi così male. Mi riferisco alla estrema lentezza del mondo moderno.
Chiariamo subito una cosa: non vivo di certo una vita frenetica, almeno non per la maggior parte del mio tempo. Lavoro a poca distanza da casa, ci posso andare a piedi, e intorno a casa e all’ufficio ho quasi tutto quel che mi serve. La città dove vivo non è grandissima, e anche se è strutturata male per via della sua conformazione, sono abbastanza rari i casi in cui ci si ritrova imbottigliati nel traffico. Ma è assolutamente un dato di fatto che non è pensabile svolgere una sola mansione al giorno: se devo fare la spesa dovrò visitare più di un negozio, e a volte se esco per fare quattro commissioni riesco solo a farne due. Perché?
Perché il mondo fisico è sempre più lento, al contrario del mondo virtuale. L’altro giorno ho finalmente comprato l’EEEpc, e l’ho voluto fare di persona perché l’ho preso in formula pc+tariffa, con un’altra serie di opzioni che preferivo comunicare personalmente per accertarmi che fossero recepite. Ho atteso venti minuti il mio turno, e la vendita che consisteva in un semplice “compila il foglio, barra le caselle, dammi i documenti, prendi il PC ed esci” si è trasformata in un incubo di quasi un’ora.
Il giorno dopo mi sono recato in farmacia, e anche lì l’attesa è stata snervante. Mi rendo conto che senza conoscermi di persona il fatto che vi dica che non sono una persona nervosa vale tanto quanto niente, ma spero potrete fidarvi: non sono normalmente una persona nervosa o impaziente. Eppure mi assale la sensazione che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo: le cose da fare si moltiplicano e spesso non per mia volontà: io voglio poterle fare quando mi pare alla velocità che voglio. Se al posto del negozio, o della farmacia, fossimo stati su un sito internet, ognuno si sarebbe aperto la sua pagina e ci avrebbe messo il tempo che riteneva necessario: io ci avrei messo magari quattro minuti, il mio vicino di casa un’ora.
La presenza fisica – che sicuramente facilità i rapporti interpersonali ma spesso evita anche problemi più gravi, non so se avete mai avuto voglia di avere di fronte un operatore di call center – da tanti indicata come vittima della cultura dell’online sta diventando più che altro un problema, secondo me. Se c’è presenza fisica, c’è lentezza. Sul webtutto è spersonalizzato, ma almeno è veloce. Io sto iniziando a preferire fortemente la seconda opzione. Per dire: ho comprato un aggeggio in Olanda, ordinato di venerdì alle 16, pagato con PayPal alle 16.05, spedito alle 17 e arrivato a casa il martedì alle 11. Zero problemi, tempo totale dell’acquisto dieci minuti. Nemmeno per arrivare al box e accendere la macchina ci avrei messo così poco, figuriamoci uscire, cercarlo, acquistarlo e tornare a casa. Penso che fino a qua siamo tutti d’accordo, il vero problema è che la tecnologia da assuefazione, e la mancanza di tecnologia si riflette in modo drastico sulla vita, e sul tempo, di tutti noi.
Perché come dicevo prima la vita non è parallela, e il web si. Se per comprare il mio aggeggio ci metto un’ora e occupo il commesso, sei tu che aspetti dopo di me. Io sono convinto che possiamo impeigare tutti meglio il nostro meglio, che aspettare il proprio turno in un negozio. Dov’è però il compromesso ideale tra lentezza fisica e velocità virtuale?