Quando nel profilo di autore di questo blog dico che non ho mai un euro per comprarmi cose tecnologiche non scherzo. Ed è talmente vero che non vado nemmeno nei negozi a provarle, le nuove meraviglie, sennò poi mi viene la depressione. Per dire, soltanto sabato scorso ho tenuto in mano per la prima volta un Ipod Touch.
Non sono propriamente un fanatico della mela morsicata, però credo di poter riconoscere un oggetto quando è valido. Sebbene io sia una persona mediamente informata, quindi sapessi già all’incirca come maneggiarlo perché letto su vari siti, sono rimasto sorpreso dalla facilità d’uso di questo gioiellino: in due minuti due ne avevo la completa padronanza, sfogliavo le foto, zoomavo avanti e indietro, navigavo nei menu, entravo e uscivo dalle applicazioni senza aver mai letto il manuale. La cosa che però mi ha maggiormente stupito è stato l’uso del touchscreen. Viviamo in un mondo dicotomico: da una parte ci sono le quintalate di carta, le code agli uffici, i timbri e l’inchiostro, le penne e le tastiere. Dall’altra c’è il wireless, la banda larga, il touchscreen. Le esperienze con lo schermo a pressione sono sempre poche: la macchinetta dei biglietti della stazione del treno o del metrò, qualche videogioco a quiz, qualche totem informativo. Sento di poter affermare che l’umanità non ha nel DNA la gestione delle informazioni sulla punta delle dita, ma nonostante questo oggetti come l’Iphone e i suoi derivati moderni hanno un grande successo. Dietro ci sono sicuramente migliaia di ore di studi di usabilità e di ergonomia, ma la velocità con cui questi dispositivi si stanno espandendo e il loro successo mi portano a pensare che la gente VUOLE liberarsi delle tastiere e vuole gestire tutto tramite l’indice: d’altronde “digitale” deriva dall’inglese “digit” (che significa cifra), che a sua volta deriva dal latino “digitus” che significa dito. Ci sarà pure un perché.
La sera stessa sono andato in un locale e raccontavo queste meraviglie ad un amico: nel frastuono del pub muovevo la bocca senza emettere suono e gesticolavo col dito che scorreva sul palmo come un imbecille. Eppure c’erano dei ragazzi che non mi guardavano strano, parevano capire cosa stavo spiegando: addirittura quando ho fatto il gesto di zoomare con due dita la foto m’è parso che uno dei due sorridesse, come a dire “ho all’incirca capito cosa stai facendo”. Il mio amico, addentro al mondo della tecnologia – ma non troppo – mi ha subito detto “ah, è come quella cosa di Microsoft del tavolo e le foto?” “ecco, bravo! hai centrato il punto”. Si riferiva a Microsoft Surface, il cui video qualche tempo fa ha acceso più di un animo. C’è insomma questa voglia di contatto fisico con la tecnologia, quasi come a voler sopperire alla freddezza dei circuiti con il calore dello sfiorarsi. L’uomo sin da bambino ha principalmente bisogno del tatto per esplorare il mondo. Nel XXI secolo, in una apoteosi Kubrickiana, il bambino-uomo userà il tatto per riconciliarsi con la tecnologia?
(il video di presentazione di Microsoft Surface)