Correvano gli anni ’80. Dietro l’impulso del fantasy d’impronta tolkieniana, schiere di ragazzi avrebbero dato una costola per evitare l’interrogazione di fisica – magari rinunciare a qualche brufolo – e lanciarsi alla ricerca di un talismano incantato, a caccia di un lich o semplicemente a fare salsicce di orde di zombies, magari dietro la promessa delle grazie di una gentil donzella.
L’industria del software, ben al corrente di questo trend, proprio negli anni ‘80 iniziò a sfornare alcuni epici titoli che facevano capo alla celebre piattaforma Advanced Dungeons&Dragons di TSR.
Ecco che la plurititolata rubrica Nostalgia informatica entra prepotentemente in campo, con uno spaccato – il primo di una lunga serie? – della galassia di videogiochi per home e personal computer, costruita attorno ad AD&D.
I tratti comuni della maggioranza di questi giochi sono il riferimento alle regole di AD&D circa attacchi, difese, equipaggiamenti e soprattutto caratteristiche dei personaggi. Quella della creazione del personaggio è in effetti una fase, a suo modo esaltante, che tutti questi titoli hanno in comune.
Non c’è ovviamente da pensare alla ricchezza di dettaglio di Age of Conan: il focus era sulle caratteristiche fisiche e mentali, a volte sull’equipaggiamento e sugli incantesimi: impensabile per un guerriero avere meno di 18 di forza e 16 di costituzione, così come per un mago meno di 18 in intelligenza e una buona destrezza, e via discorrendo.
Iniziamo la disamina di alcuni titoli partendo da un fondamentale come la saga di Eye of the Beholder, che in tre puntate è valso fior di votacci a generazioni di videogiocatori incalliti con poca voglia di studiare.
Con una visuale tridimensionale in prima persona e un’azione in real time, analogamente al precedente Dungeon Master, porta i giocatori a confrontarsi e scontrarsi con personaggi e creature leggendari dell’AD&D come Khelben the Blackstaff, l’arcimago, o i temibili Beholder, nel contesto di un sotterraneo labirintico e pieno di trappole ed enigmi.
L’ambientazione è quella dei Forgotten Realms e non sono rare escursioni a Waterdeep, una delle metropoli dei regni dimenticati. Sempre nei Forgotten Realms è ambientato Hillsfar, un gioco multifase che alterna una primitiva visuale in prima persona con combattimenti in terza persona ed esplorazioni in labirini presentati nella tradizionale visuale dall’alto.
Entrando a far parte di gilde, portando a termine missioni, partecipando a competizioni sotto forma di mini giochi e anche, perché no, rubacchiando qua e là per case sguarnite, il personaggio si fa strada verso la gloria, in ore di gioco indimenticabili.
Meriterebbero menzione anche Pool of Radiance e Heroes of the Lance, ambientato nel mondo di Dragonlance, i cui personaggi sono tra l’altro importabili nel successivo Hillsfar, ma il tempo stringe e per questa settimana siamo alla fine.
Chiuderei con un pensiero romantico, che poi è il fondamento questa rubrica. Un pensiero rivolto a quando, fra i pixel d’un monitor in bassa risoluzione, c’era spazio in abbondanza per l’espansione della fantasia. Difficile oggi andare oltre lo schermo Full HD.
Difficile d’altronde, paragonare le attività sistematiche e ripetitive di un MMORPG, alle ingenue e se vogliamo rudimentali quest dei giochi di una volta. La buona notizia è che questi vecchi capolavori sono ormai più o meno tutti abandonware, e pertanto sono disponibili gratuitamente, più o meno senza commettere reati – rettifico, il copyright dove non diversamente specificato è valido, cionondimeno ridicolo – sulla rete.