Non sono passate che poche ore dalla storica vittoria di Barak Hussein Obama – il candidato presidente più internettaro della storia – che già ci ritroviamo la carta stampata e i TG pieni di lodi alla rete. Nel frattempo, schiere di “digerati postdatati” – quei soggetti che dai tempi della new economy cantano le magnifiche e progressive sorti delle più grandi sciocchezze e profetizzano rivoluzioni tecnologiche insensate, spingendo fiumi d’investitori al massacro – stanno dedicando le loro migliori energie a riavviare la macchina dell’hype (che dio ce ne scampi e liberi).
Prima di lasciarci avvincere da questa folata di entusiasmo – che a molti vorrebbe far dimenticare la recessione verso cui ci avviamo a grandi passi – sarà il caso di fare un punto della situazione e capire perché, particolarmente in Italia, l’allegria è totalmente fuori luogo.
Merita una menzione d’onore la rapidità con cui i giornalisti della carta/TV, dopo fior di campagne denigratorie nei confronti della rete, finalizzate a null’altro che la difesa del proprio status, del proprio “ordine” di nobili origini fasciste e, non ultimi, dei propri privilegi salariali, hanno indossato la casacca dei web-entusiasti. Del resto non da ieri ci siamo meritati la reputazione di gente rapidissima a correre in soccorso del vincitore, come diceva il mio illustre concittadino Ennio Flaiano.
Peccato che la rivoluzione web, se davvero si realizzasse, andrebbe innanzitutto a scapito di questi signori, i quali hanno ampiamente dimostrato, salvo poche notevoli eccezioni, di avere ottimi motivi per temere l’avanzamento della rete. Non ultimo fra questi, la collusione conclamata e ormai interiorizzata anche da chi la subisce quotidianamente, fra potere politico e media.
Arriviamo al problema n°2, in verità un ex aequo: la classe politica stessa, con particolare riferimento al nutrito “reparto geriatrico”, che occupa le stanze del potere dall’era mesozoica, e si prepara cionondimeno a salutare la terza a forse la quarta repubblica. Anagrafe a parte, l’intera categoria rappresenta senza dubbio la lobby più “brick&mortar” della nazione: difficile che possa o voglia reagire al mutamento degli scenari mediatici.
Specialmente quando quella reazione implicherebbe uno stravolgimento delle pratiche consolidate del fare politica, prima fra queste la creazione di consenso attraverso un uso pilotato di mass media palesemente asserviti. A partire dalle nomine politiche delle direzioni RAI, a mio parere il vero peccato originale.
Se quindi non sarà possibile mettere a tacere i cori di mal speso ed opportunistico entusiasmo, vi invito a considerarli un insulto: dopo la vittoria di Obama, in Italia abbiamo un motivo in più per essere tristi e delusi.
E comunque non illudiamoci: anche quei cori non dureranno a lungo. Diversamente, qualcuno potrebbe finire per prenderli sul serio – e trarne le logiche conclusioni.
Mi perdonerete se questo post presenta una tesi per alcuni aspetti analoga a un contemporaneo – a livello di scrittura – post di Grillo. Posso assicurarvi che non si tratta di un rip-off, l’ho scritto prima di leggere il suo, e che in generale il mio cervello non sempre è sintonizzato sulle sue frequenze.