Lo sviluppo tecnologico di cui siamo fortunati testimoni ci fa di tanto in tanto meravigliare di quanto rapidamente certe tecnologie si evolvano e raggiungano livelli impensati. Basti pensare ai cellulari che spesso meravigliano per il numero di funzioni avanzate che riescono a concentrare in pochi grammi di peso.
Ebbene tutto ciò non è altro che il lato pratico della Legge di Moore: “Le prestazioni dei processori, e il numero di transistor ad essi relativo, raddoppiano ogni 18 mesi”. Ciò significa (banalizzando) che col passare del tempo le funzioni aumentano e lo spazio necessario per contenerle diminuisce.
E’ quindi sempre pià attuale, al punto cui siamo arrivati, parlare di singolarità tecnologica. Gli studiosi definiscono la singolarità tecnologica come quel momento in cui il progresso tecnologico avrà raggiunto un livello tale da raggiungere, e poi superare, l’intelligenza umana.
David Orban, membro del Singularity Institute for Artificial Intelligence, prevede che quel giorno è molto vicino. Già nel 2030–2035 potrebbe verificarsi questo passaggio. Chiaramente un evento di questo tipo che vedrebbe le macchine capaci di auto migliorarsi e progredire in autonomia rispetto all’uomo, apre sconcertanti interrogativi e problemi che, come suggerisce David, andrebbero risolti prima.
Occore infatti preparare basi teoriche, pratiche ed etiche solide prima di questo “sorpasso” in modo da essere già pronti nel momento in cui questo avvenimento si verificherà. Uno dei problemi più gravi che dovremo fronteggiare, già tra pochissimi anni, sarà la perdita enorme di posti di lavoro che si verificherà in molti settori, causata dall’introduzione di macchine sempre più sofisticate.
Personalmente ritengo che una delle chiavi di lettura corrette di questo fenomeno sia quella di favore e sviluppare la creatività negli umani, fin dai primi anni di vita. Una delle cose che difficilmente le macchine potranno toglierci sarà la nostra creatività, la nostra fantasia, la nostra capacità di sognare. Purtroppo però il nostro sistema scolastico è congeniato in modo tale da uccidere la creatività del singolo, per affermare un unico modello ritenuto “formativo” dalla società. Ricordo, ad esempio, quando alle elementari si disegnava. Non ero invitato a disegnare come la mia creatività mi portava a fare, ma dovevo canalizzare le mie energie attraverso modelli predefiniti.
La singolarità tecnologica rappresenta dunque, allo stesso tempo, una ghiotta opportunità e un tremendo rischio. Penso che un uomo più umano, quindi più cansapevole della propria umanità e delle capacità che ne seguono, potrà gestire tale evento in modo positivo. Un approccio errato, invece, potrebbe portare a gravi conseguenze.