Una decina di giorni fa, come ricorderete, Alessio si è occupato del Fujitsu FM-Towns, la macchina sviluppata dalla casa giapponese.
Cos’ha a che vedere con l’articolo di quest’oggi? E’ presto detto.
Nel nostro settimanale appuntamento con il retrogaming parleremo dell’alter ego “da salotto”, ovvero il progetto Marty, un cimelio di inizio anni ’90 che tentava di coniugare tecnologie provenienti dal settore dei personal computer con l’intuitività di utilizzo delle console.
Un tentativo senz’altro ammirevole e che avrebbe potuto aprire un ponte tra due mondi ancora piuttosto separati, ciascuno con i propri “cavalli di battaglia”, strategie di business ed anche fazioni di appassionati; tipicamente, infatti, la figura di utente pc non collimava con quella della di giocatore da bar/console, anzi, le due si ponevano praticamente in antitesi.
Ora chiaramente le cose sono diverse, ma nel frattempo sono anche passati quasi vent’anni.
Cerchiamo di capire quali sono stati i motivi e la storia del flop targato Fujitsu.
Nel 1989 sappiamo che venne rilasciato il Towns. La prima versione del Marty (ne furono rilasciate due in totale, di cui la seconda dotata di CPU 486 consentiva anche la connessione Internet!) è datata 1991 e riprende sostanzialmente l’architettura utilizzata dal corrispettivo PC:
- CPU AMD-386/Motorola 68030 a 32 bit con clock a 16Mhz
- risoluzione 352×232 fino a 640×480 a 32768 colori di cui 256 visualizzabili onscreen
- audio: 6 canali FM e 8 canali PCM
- 2MB RAM
- unità CD-ROM
- unità floppy
- slot PMCIA
- 2 uscite per joypad (inclusi nel bundle)
- uscita per la tastiera
- S-Video, uscita cuffie e microfono
La differenza sostanziale consta nel tipo di CPU utilizzata dal Marty, che consentiva la visualizzazione fino a 1024 sprite 16×16 generati oltre all’utilizzo di smart card e addirittura sistemi GPS, antesignani dell’altro esempio sfortunato della commistione console-personal computer ovvero il NaviSaturn, di cui senz’altro parleremo in uno dei prossimo appuntamenti.
La compatibilità con i giochi precedenti sviluppati per il Towns era praticamente del 100%, ma poi ne furono rilasciati alcuni specifici per il Marty rendendo di fatto impraticabile il passaggio inverso.
Quale fu quindi il motivo dell’insuccesso di questo affascinante prodotto, avveniristico per l’epoca se pensiamo all’espandibilità garantita dai soli slot presenti sullo chassis (senza contare l’uso del CD-ROM che al tempo era disponibile solo con il Mega CD e il PC-Engine)?
Sono esattamente le stesse che hanno portato al fallimento altri tentativi, prematuri evidentemente per essere accettati dal mercato, come il Pippin e più in generale molti prototipi ideati e progettati nella prima metà anni ’90.
Troppa carne al fuoco.
Il mettere a disposizione così tante funzionalità, già all’epoca poco accessibili e diffuse, rendeva il costo proibitivo sia per il produttore sia evidentemente per l’utente finale.
Un peccato perché ci fu il porting di qualche buon titolo, quali Shadow of The Beast, Turbo Outrun, Zak McKracken e Psychic Detective Aya.
Ora la console è diventata un pezzo abbastanza ricercato nel sottobosco del retrogaming orientato al collezionismo, per cui se siete stati tra i pionieri e abbastanza pazzi ad averlo acquistato all’epoca ma non sapete cosa farne, date un occhio in giro, perché potreste avere un piccolo tesoro in casa.
Per i nostalgici, gustatevi invece uno dei giochi da bar più famosi, anch’esso disponibile per Marty ma che non è stato sufficiente a risollevarne le sorti: ecco a voi Raiden.