Torniamo nella terra del sol levante per occuparci di un altro sistema dalle grandi potenzialità che non ha mai attraversato l’oceano: il Fujitsu FM-Towns.
A chi leggeva riviste informatiche al tempo, particolarmente quelle che si occupavano di videogame, sarà capitato di scorgere in qualche trafiletto, la particolare sagoma di un midi-tower grigio scuro, con un cerchio nero al centro: era lui.
Il cerchio scuro era un lettore CD-ROM, montato verticalmente, equipaggiato di serie. Nel 1989: quando ancora in Italia il top era il lettore CD portatile da 4 chili della Philips, quello della sigla de I ragazzi della terza C!
FM Towns, che incredibilmente deriva il nome da quello di un premio Nobel per la fisica – C. H. Townes, 1964 – offre dal punto di vista tecnico, numerosi spunti d’interesse. Innanzitutto il fatto di essere parzialmente simile ad un IBM compatibile, essendo costruito attorno a una CPU Intel 386 a 16Mhz, cui era addirittura possibile affiancare una FPU 387.
Rispetto al PC offriva tuttavia prestazioni di ben altro calibro.
Partiamo dalla grande potenza grafica: una vistosa eccezione rispetto alla pietosa media dei PC dell’epoca. Le potenzialità grafiche della macchina, oltre a renderlo idoneo a porting spettacolari da arcade, nascevano dalla necessità di superare i limiti che la grafica CGA poneva alla corretta visualizzazione dei caratteri dell’alfabeto Kanji, che richiedono un minimo di 12×12 pixel.
Grazie al suo sottosistema grafico, FM-Towns consentiva l’overlapping di grafica 640×480 a 16 colori, su uno schermo a 320×240 a 32768 colori: uno scenario ideale per la localizzazione giapponese di videogiochi.
Una delle battaglie più ricorrenti dell’epoca, è quella fra il sistema Fujitsu e lo Sharp X68000: due macchine contraddistinte da approcci architetturali radicalmente diversi, eppure simili nei rispettivi campi di applicazione videoludici. La prima con una CPU senz’altro più potente – perlomeno del 68000 a 10Mhz che equipaggiava la più popolare versione dello Sharp – la seconda con un parco software più ricco, che sfruttava appieno le potenzialità dell’hardware.
La resa grafica e sonora – il sottosistema audio supportava 8 voci PCM e 6 canali FM – non era l’unica peculiarità che faceva di FM-Towns praticamente un PC al quadrato. Un MS-DOS extender (RUN386.EXE) consentiva al DOS l’esecuzione di codice a 32bit mentre una versione base di DOS, con MSCDEX integrato, era caricata direttamente da ROM all’avvio.
Il sistema poteva anche essere avviato da CD-ROM: Fujistu consentiva infatti agli sviluppatori di precaricare nei loro software – videogiochi compresi – una versione base di TownsOS, il sistema operativo proprietario della macchina, anche in assenza di hard disk.
Lo sviluppo della piattaforma, che nelle ultime versioni era equipaggiato con Windows, si fermò 1997, quando già da tempo il dilagare del PC sul mercato giapponese aveva relegato le piattaforme proprietarie ad un uso di nicchia.
Da allora rimane, assieme alla console derivata, il Marty – di cui Jacopo ci parlerà prima o poi – un oggetto di culto fra i collezionisti e un ottimo esempio di quel che il PC avrebbe potuto essere e non è stato.