Pubblichiamo un guest post di Francesco Carucci, programmatore esperto nel settore 3D, specializzato nello sviluppo di videogiochi su varie piattaforme hardware.
In una recente intervista Mark Healey, uno dei fondatori di Media Molecule, reputa le dimensioni del team di sviluppo un fattore fondamentale per la buona riuscita dell’attesissimo Little Big Planet.
Il gioco, un platform tridimensionale sui generis per PS3, sta ricevendo amplissimi consensi sia dalla critica sia dai giocatori che hanno messo le mani sulla demo rilasciata di recente. Sony punta molto su questo titolo in chiave “Console War”, individuandolo come grimaldello nei cuori dei casual gamer conquistati da Nintendo, prima che Microsoft riesca a metterci le mani sopra a colpi di “price cut”.
Mark, riguardo al team di sviluppo, parla di circa trenta persone, come limite massimo oltre il quale “smette di divertirsi”. Al di là del divertimento, le dimensioni dei team odierni sono diventate un grosso fattore limitante nell’Industry:
è opinione tanto diffusa (quanto sbagliata) che per produrre più contenuti, sia in termini di game play sia puramente estetici, basti aggiungere persone su persone a team già pachidermici, facendo lievitare i costi e aggiungendo crescenti difficoltà di comunicazione.
E così questa generazione vede giochi sempre più costosi, sempre più in ritardo e sempre meno curati. Il risultati sono patch dopo patch, poi tagli e ancora patch a coprire enormi buchi lasciati durante le ultime, affrettate, fasi di sviluppo affidate a programmatori e artisti stremati.
La soluzione è forse, come spiega Mark, ridurre le dimensioni dei team, aumentarne l’efficienza, migliorare le metodologie di sviluppo, divertirsi? Se Little Big Planet avrà successo, potremo ritenerlo un inizio.