Dirlo in questi tempi in cui l’economia crolla rovinosamente e le prospettive sono a tinte fosche sembra quasi una provocazione, ma ragionandoci sopra un pochino la cosa potrebbe sembrare meno campata per aria del previsto; o almeno è quel che pensa Computerworld, e devo dire che il ragionamento mi piace. Secondo l’articolo in questione, il tanto vociferato “brick” non sarebbe un subnotebook, un nuovo MacBook Pro o un portatile totalmente touchscreen, ma un nuovo processo produttivo. Analizziamo il ragionamento:
Quando Steve Jobs lascia Apple nel settembre 1985 fonda la NeXT corporation, con l’intento di produrre workstation migliori di quelle della mela. Raduna molti studenti ed ex impiegati Apple e inizia a lavorare, sfonrnando alcuni modelli tra cui – ci dice wikipedia – il computer usato da Tim Berners-Lee al CERN che per primo divenne un web server.
Le cose non vanno esattamente come ci si potrebbe aspettare, ma la parte che ci interessa è che NeXT ha una sua fabbrica di proprietà, in California, e che viene poi acquisita da Apple nel 1996. Per la cronaca NeXT è la società che ha scritto il sistema operativo che è stato usato come base per la creazione di MAC OS X nel 2001.
Al momento Apple ha una consistente massa di liquidità in cassa, si parla di miliardi di dollari, e quasi ogni giorno qualcuno si sente in dovere di dire chi dovrebbe acquisire e perché: un giorno è Adobe per avere Flash, un giorno è Nintendo per avere la tecnologia Wiimote e così via. Qualcun altro – John Martellare per la precisione – pensa invece che Apple dovrebbe svincolarsi dai produttori di hardware cinesi e taiwanesi e investire in una propria fabbrica.
Principalmente per evitare di dipendere da governi esteri (spesso nemici-amici come quello cinese) e subire le fluttuazioni delle monete, nonostante i contratti a lungo termine siglati. Ma anche perché l’antico adagio “costa meno produrre in Asia” fa parte di un retaggio mentale del passato, soprattutto quando si parla di una azienda che fa del “think different” il suo credo.
Produrre in Asia costa meno perché il personale costa meno; Apple dovrebbe fare una fabbrica quasi totalmente automatizzata. Una fabbrica dovrebbe essere costruita dove l’elettricità costa meno; Apple dovrebbe fare una fabbrica completamente autosostentata, o per lo meno dipendente da energie rinnovabili e con un saldo ambientale basso o nullo, se non addirittura positivo. Essere fuori dal business dell’hardware consente ad Apple di guadagnare investendo in ricerca e non in struttura; essere invece dentro al business permetterebbe eventualmente di guadagnare anche su quello, una volta trovate delle economie di scala sensate o dei metodi produttivi nuovi.
Con una o due fabbriche di questo tipo Cupertino prenderebbe ben più di due piccioni con una fava: avrebbe il rispetto degli ambientalisti, e forse conquisterebbe anche la loro fascia di mercato, avrebbe il controllo totale dell’intero processo produttivo e del suo costo, quindi dei propri margini di guadagno, non dovrebbe mettere a conoscenza persone terze dei propri progetti e brevetti, facendo tutto in casa. Avrebbe una fabbrica “cool” (passatemi il termine) che produce oggetti “cool”, quindi sarebbe ancora più coerente con sé stessa.
L’ipotesi è forse remota, ma affascinante. Come detto, a me piace per la sua logicità, e qualcuno azzarda che l’acquisizione di PA Semi non sia del tutto casuale, ma funzionale proprio al perseguimento di questo obiettivo. Come al solito, mi piacerebbe sentire la vostra…