Da un anno circa a questa parte, anche Dell ha mostrato di credere nel cosiddetto “eye candy” – ossia l’attenzione per l’appagamento dell’occhio – tanto da farne un pilastro centrale della sua offerta, nel segmento consumer e non solo. L’introduzione della linea Studio sigilla questo trend, con un design più piacevole di quello spartano e spesso poco appagante a cui il produttore texano ci ha abituati, accompagnato da numerose opzioni di personalizzazione estetica.
Francamente non pensavo di vivere abbastanza per vedere Dell, l’azienda che ridicolizzava Apple per il suo approccio “zuccheroso”, quella stessa azienda a sua volta pubblicamente sbeffeggiata da Steve Jobs, affermare il valore del “cool factor” – parole testuali di Jeff Clarke, Senior VP, Business product group.
Se ben riflettute tuttavia, le analogie sono parziali, e resta di fondo una filosofia radicalmente opposta.
Nella fattispecie l’offerta di Dell, pur nuova nei contenuti, ripropone un metodo consolidato: la personalizzazione estetica è lasciata come opzione all’utente, il quale può scegliere fra decine di colori e artwork, tanto quanto può scegliere fra decine di processori, hard disk, VGA etc.
L’offerta di Apple è invece “one size fits all”: una griglia di prodotti estremamente semplificata, fasce di prezzo ben delineate, un design univoco per ogni famiglia, dotazioni hardware a compartimenti stagni.
Se Dell lascia all’utente la possibilità di ricavare un prodotto unico scegliendo fra numerose opzioni, Apple vende – caro – il suo stile, prendere o lasciare. Dell cerca il feedback della clientela – si veda in proposito il successo di Ideastorm – mentre Apple è una delle aziende più verticistiche del settore: a Cupertino non si muove foglia senza il placet di Steve Jobs.
Se per Dell estetica si traduce in opzioni – a pagamento: € 39 per colori diversi dal nero, € 69 per l’artwork di Mike Ming – per Apple è il design nudo e crudo a giocare un ruolo da protagonista: un design firmato Apple, su cui l’utente non ha alcun potere.
È vero che la clientela PC è geneticamente abituata alla personalizzazione totale, e in questo senso l’approccio al mercato di Dell ha già rotto le barriere fra computer di marca e assemblati. L’enfasi sull’estetica rappresenta tuttavia un elemento di novità nel mercato PC mainstream e, a differenza di CPU e Hard Disk, colpisce la sfera emotiva piuttosto che quella razionale.
Impossibile a questo punto resistere alla tentazione di tracciare un parallelo: per Dell come per Apple, l’attenzione per l’estetica rappresenta un modo per aggiungere unicità ai propri prodotti, e quindi vendere più pezzi con margini più alti.
Sorge spontanea una domanda: nell’ipercompetitivo mondo PC, riuscirà Dell a monetizzare l’eye candy, facendone un salvagente per i suoi margini, erosi dalla continua corsa al ribasso dei prezzi?