Chissà quanti nell’industria dei videogiochi hanno hanno strabuzzato gli occhi e fatto ironia quando, più di 25 anni fa, ha fatto la sua prima comparsa negli schermi dei coin-op; e chissà quanti tutt’oggi lo fanno perché non conoscono il valore del soggetto in questione.
Molti altri hanno invece riso amaro, ad esempio Sega, quando ha visto che, mentre l’icona scelta per rappresentare il marchio colava a picco con lei stessa, il Mario internazionale continuava e continua tutt’ora a vendere a pieno ritmo.
200 milioni di unità vendute in tutto il mondo. Lo riscrivo perché stento a crederci io stesso. Duecento milioni. Cioè è come se più di due terzi della popolazione statunitense, senza distinzioni di età, possedesse una copia di Super Mario. Se collegassimo ad un filo i giochi e li ponessimo ad una distanza di un chilometro dall’altro, quel filo coprirebbe e supererebbe la distanza tra Terra e Sole.
Avreste mai pronosticato così tanto successo per un idraulico?
Numeri alla mano è la saga che ha venduto di più nella storia dei videogiochi ed è di gran lunga prima sulle inseguitrici.
Come nasce quindi un capolavoro destinato non solo a riscrivere il futuro ma anche a creare un genere, un filone imitato da decine, centinaia di sviluppatori, software house e che ha appassionato almeno due generazioni?
Sicuramente dal genio.
Difficile dare una definizione precisa di genio; è una persona che si “ingegna” e che, magari non consapevolmente, precorre i tempi e li piega alla sua azione.
Il genio in questione si chiama Miyamoto, l’uomo che più di tutti ha segnato il destino fortunato dell’ultimo trentennio della Nintendo.
Al giovane Shigeru fu affidato il progetto di disegnare un nuovo personaggio, fulcro di un videogioco stile platform (anche se ancora la tipologia non era codificata come lo è adesso), in cui si sarebbe trovato di fronte ad una serie di pericoli che lo separavano dal più classico dei finali: la principessa tanto adorata.
Fino ad allora mancavano personaggi capaci di attrarre un pubblico fino ad identificarsi con lui stesso; un po’ perché ripetitivi nelle loro gesta (ricordiamo che siamo nel periodo post-crisi della fine anni 70), perché muscolosi e militareschi, insomma lontani dalla concezione di uomo comune.
Eureka. Quale figura migliore quindi se non quella di un idraulico, un omino (almeno nel caso di Mario, perché poi la pubblicità Coca-Cola ne ha dato un’altra interpretazione) bassotto, tarchiato, baffuto e non particolarmente bello?
E’ il 1983 e fa la sua comparsa Mario Bros nelle sale giochi giapponesi e americane e successivamente europee.
Solo nel 1985 diventerà Super e sarà il gioco top-selling per singola piattaforma, il Nintendo Entertainment System (o FamiCom in Giappone), con 40 milioni di copie.
Decine di titoli a suo nome, molte apparizioni, tra cui anche un film, seppur poco fortunato, interpretato dal premio Oscar Bob Hoskins.
Forse non ha salvato il nostro mondo, ma sicuramente ha deciso il destino della grande N che attraverso la sua figura e dei brand più carismatici (tra i quali citiamo Zelda) uniti alle console da gioco portatili è sopravvissuta al periodo nero della seconda metà degli anni 90 quando il Nintendo64 insieme alle altre concorrenti furono surclassati dalla Playstation.
E senza dubbio ha reso i nostri pomeriggi d’infanzia più lieti e spensierati, mostrando cosa fosse in grado di fare un semplice idraulico, tra draghi, funghetti maligni e terreni insidiosi.
Ve lo sareste mai aspettato?