Esiste un acceso dibattito tra i costruttori di automobili e la commissione ambientale della comunità europea, che ormai da tempo si fronteggiano sulle nuove norme che imporranno un limite di 130 g/km di CO2 di emissioni per ogni veicolo prodotto, che entreranno in vigore nel 2012. Le istituzioni europee hanno pronunciato il loro verdetto definitivo. Non vi saranno slittamenti o proroghe chiesti dall’industria: i costruttori si rimbocchino le maniche.
Il parlamento comunitario si è dimostrato alquanto compatto nella decisione, nonostante le proteste nell’ultimo anno siano state tanto forti da spingere persino il cancelliere tedesco Merkel e il presidente francese Sarkozy in prima linea nella difesa degli interessi dell’industria automobilistica, settore chiave per l’economia e l’occupazione di entrambi i Paesi.
Limitare le emissioni significa, oltre che investire in più efficienti tecnologie propulsive, ridurre attrito aerodinamico, peso, dimensioni, potenze e equipaggiamenti. 130g/km è un valore considerevolmente più contenuto rispetto alla media delle emissioni dei veicoli attualmente in vendita. Per capire meglio le proprzioni di tale limite, basta confrontare il limite con il valore della Fiat Grande Punto equipaggiata con la motorizzazione base a benzina: il 1.2 benzina 8v, con il quale non si scende sotto il 139 g/km, la situazione migliora con il piccolo diesel 1.3 che scende a 119g/km.
Se andiamo invece a controllare i dati forniti dalla Porsche per il suo Cayenne Turbo (uno a caso…) scopriamo che le emissioni, prevedibilmente schizzano all’incredibile dato di 358 g/km, e stiamo parlando di misurazioni standard per tute le vetture, effettuate a velocità costante, ma durante le accelerazioni bisogna aspettarsi dei fuori scala negli strumenti di misurazione quando si ha a che fare con questi mezzi.
Ora, il problema dell’industria automobilistica è che le auto che inquinano meno attualmente, sono anche quelle che vengono vendute con minori margini in percentuale al costo di ingegnerizzazione e produzione. I bei soldoni, le case costruttrici li hanno sempre fatti con auto di lusso e sportive di alto rango.
Da qui al 2012 i costruttori avranno una bella gatta da pelare, ma la più penalizzata sarà senza dubbio le Germania. Le case automobilistiche tedesche investono praticamente tutto nel settore del lusso e del sub-lusso, per di più poi, negli ultimi 10 anni hanno trovato una vena d’oro scavando nella mentalità celodurista del “grosso è bello”, che ha portato alla realizzazione di mezzi imponenti e di scarsa qualità costruttiva in relazione ai prezzi di vendita, che ha fatto gonfiare le tasce degli industriali fino a scoppiare.
Tutti i marchi tedeschi stanno attualmente lavorando alla realizzazione di SUV di dimensioni decisamente più contenute, anche per via dell’aumento dei costi di carburante, ma contemporaneamente la Porsche, che si è comprata una quota di maggioranza di tutto il gruppo Volkswagen, con gli incassi dalle vendite del Cayenne (in proporzione è come spendere 20.000 euro per una Grande Punto nell’allestimento base) sta già preparando dei mostri supersportivi a 4 posti e 4 porte dalla lunghezza e il peso, oltre dalle potenze esorbitanti, come la Porsche Panamera e la futura Lamborghini a 4 porte.
Veri e seri provvendimenti non si sono visti e questo in futuro potrebbe diventare un problema per l’economia dell’intera Germania, che vive essenzialmente di auto. Già segni di crisi evidenti sono presenti nel territorio teutonico, con la delocalizzazione della produzione verso l’est europa che avanza e le difficoltà sempre maggiori nel coniugare le alte retribuzioni salariali e le imposte di uno stato fortemente assistenzialista, con la produzione di quei veicoli di prezzo più contenuto.
Queste nuove normative potrebbero rappresentare lo scalino su cui potrebbe inciamapre un’industria, sì florida, ma anche già impegnata in molte altre sfide per il futuro prossimo.
Meno problematica è la situazione italiana. Il gruppo Fiat possessore di praticamente tutti i marchi italiani ad eccezione della Lamborghini (e della Pagani!) dopo il baratro della gestione Agnelli, che abituata a vendere carriole in un mercato protetto dal Governo non seppe reagire all’apertura dei mercati portando quasi alla morte l’azienda, ha dimostrato di saper tornare ad alti livelli di competitività, sotto le redini di Marchionne, pur con poche risorse finanziare e un indebitamento spaventoso da risanare (e ormai risanato).
Tutto il lavoro svolto finora però, è servito a far tornare competitivi soltanto i segmenti più “popolari”, rimanendo ancora ai margini dal settore del lusso e quindi dei consumi di carburante spropositati.
Anche se fino ad oggi il gruppo Fiat non si è contraddistinto per innovazione sul fronte delle emissioni, saranno necessari molti meno sforzi per adattare la gamma alle future normative, rispetto alla concorrenza tedesca.
Resta comunque il problema dell’immenso consumo energetico, necessario a mantenere la produzione automobilistica mondiale e di tutto il suo indotto industriale e commerciale, che ha un impatto enorme, e che la normativa intorno a cui ruota questo post non mette in discussione.
Io per conto mio, rimango dell’idea che l’auto più ecologica è quella che già si possiede (e sì, lo so che la bicicletta è ancora meglio, non c’è bisogno di puntualizzare su tutto).