Ieri il primo G-Phone ha fatto finalmente il suo debutto, dopo almeno un anno di gestazione, continui rincorrersi di voci e un’enorme attesa da parte di utenti e addetti ai lavori.
In un mercato in piena espansione grazie ai Paesi emergenti quali Cina, India e l’area latinoamericana, ogni attore può ritagliarsi il proprio spazio. Ma un nuovo concorrente toglie parte di quello spazio agli altri e se il competitor non è uno qualsiasi ma Google, che in questi anni ha dimostrato di conquistare il favore dell’utenza con i propri servizi, c’è di che preoccuparsi.
Chi si colloca sulla scena accumula un ritardo tecnologico che deve essere colmato a tutti i costi e prima possibile.
In questo quadro una tendenza salta agli occhi, ovvero quella di cercare di attirare verso di sè i favori degli sviluppatori terzi per fornire un parco applicativo che sia competitivo in tempi rapidi con realtà affermate da anni (Symbian, WindowsMobile, SIM). Seppur con filosofie ed interessi differenti è stata la strategia sia di Google e di Apple, le quali si assumono anche i rischi connessi alla sicurezza.
La pubblicazione del Software Development Kit (altrimenti detto SDK) per sviluppare applicazioni sull’iPhone era stata un successo assoluto, con Apple costretta a chiudere in breve tempo il rubinetto delle iscrizioni e ad una quota stimata tra le 200 e le 260mila raggiunta.
Le previsioni di rimpinguare il parco applicativo si profilavano più che rosee, ma ora sembra ci siano due problemi, intrecciati forse da un unico destino, che potrebbero rompere le uova nel paniere a Jobs e soci: gli operatori telefonici e Android.
Come abbiamo appreso in quest’ultimo periodo, Apple ha stretto svariati accordi con i carrier nazionali e internazionali; accordi per la verità che sono stati abbondantementi criticati a causa dei costi spropositati rispetto ai tipi di abbonamenti presentati dalle varie compagnie.
E dato che piove sempre sul bagnato, perché la legge di Murphy a differenza di tante previsioni di analisti superpagati è quasi sempre infallibile, si è aggiunta la polemica riguardante l’AppStore.
Quest’estate infatti è scoppiato il caso di Nullriver, una società estromessa dal sistema di distribuzione e vendita di software online perché rea di aver sviluppato un’applicazione che violava i termini di licenza AT&T (uno dei carrier scelti da Apple per il proprio cellulare), trasformando l’iPhone in un modem wireless.
Il complesso sistema di approvazione aveva fatto sì che, nel giro di poco tempo, NetShare, questo il nome del programma incrinimato fosse prima tolto dalla selezione, poi riammesso e infine bandito permanentemente.
Ma ci sono altri casi in cui, senza un apparente valido motivo (a parte quello di proporre applicazioni migliori di quelle presenti di default) si è optato per scelte di tipo radicale, danneggiando di fatto chi invece aveva voluto investire in un segmento al momento molto promettente perché tutto in divenire.
Alcuni di questi operatori terzi sono stati intervistati da Wired e sembra che in parte sia proprio il G-Phone, una piattaforma “open” con al momento molte meno restrizioni e cavilli dell’iPhone, il maggior polo d’attrazione per questi sviluppatori “rigettati” dalle politiche commerciali e dirigenziali Apple.
Tutto sommato, riuscire a rubare quote di mercato al concorrente iPhone (che si attesta al 20% negli States) non sarebbe un brutto modo di festeggiare gli appena trascorsi 10 anni di attività, vero Sergey ;) ?