“I giapponesi stanno arrivando, allora noi dobbiamo trasformarci in giapponesi!”: fedele a questo motto, Jack Tramiel – l’imprenditore polacco che fondò la Commodore, decise di dare una svolta al mercato degli home computers, iniettando sul mercato prodotti dal prezzo molto competitivo.
Per inciso, i giapponesi, che nel mercato home computer occidentale non avrebbero mai lasciato un segno, erano inquadrati un po’ come oggi i cinesi: produttori di merci a basso prezzo.
Il VIC-20 rappresenta il primo risultato di questa filosofia produttiva: parente del PET, il famoso sistema Commodore di fine anni ’70 dedicato al settore business, il VIC-20 rivaleggiava testa a testa sul fronte videoludico con l’Atari 2600 e l’Intellivision della Mattel, ma in più offriva a milioni di geek in erba, una tastiera “professionale” e un interprete BASIC integrato: quanto bastava per cimentarsi con i primi listati e darsi un’aria da geni del computer, altroché.
Nel 1981, un genitore che volesse introdurre suo figlio nel colorato e cubettoso mondo dei computer, non poteva chiedere di meglio: il prezzo era tra l’altro del tutto simile a quello dell’Atari e del Mattel. Un posizionamento intelligente e un prezzo competitivo, trasformarono il VIC-20 in un colossale hit: fu il primo computer a superare quota 1 milione di unità vendute, nel Gennaio 1983.
Con un case tozzo di colore marroncino chiaro, la tastiera marrone scuro e i tasti di funzione beige sulla destra, è il primo breadbox della Commodore: progenitore di una stirpe che col 64 giungerà al suo massimo splendore.
Dal punto di vista hardware, le sue specifiche erano allineate alla concorrenza videoludica e non lontane da quelle del costoso parente professionale, il PET: CPU 6502A operante alla clamorosa velocità di 1.02 Mhz, controller audio-video VIC con risoluzione 184×176 in modalità grafica e suono a 3 voci per 3 ottave. Accompagnato dal letargico mangiacassette Commodore 1530 Datassette, che tante ore di attesa ha rubato alla nostra gioventù – ma non alla pornografia! – ha fatto la felicità di tanti ragazzini che oggi iniziano a vedere i primi capelli bianchi sulle tempie.
Chi ce l’avesse ancora nascosto in cantina, farebbe bene a dare uno sguardo alla tastiera: se reca caratteri molto larghi, tipo quelli del PET, potrebbe avere tra le mani una rarità collezionistica.