Da un paio d’anni a questa parte, per lavoro e tempo libero uso prevalentemente un Mac. Nella fattispecie si tratta di un iBook G4 da 12”, l’ultimo modello prodotto con CPU da 1.33 Ghz. L’ho scelto ben sapendo della transizione a Intel, anzi, con la precisa intenzione di appropriarmi di uno degli ultimi esponenti della Apple “vecchia maniera”. Un computer appartenente a un’epoca in cui, anche sul mercato consumer, un’architettura radicalmente diversa da quella PC-x86 riusciva a tenere il passo di macchine molto meglio carrozzate in termini di hardware puro. Come? Grazie ad un’ottimizzazione del software giunta ad un livello sconosciuto ai PC Wintel – e forse anche ai MacIntel.
Certo, ho espanso la memoria a 1Gb per minimizzare lo swapping. Ho poi sostituito il meschino hard disk da 40Gb di serie con un tostissimo 120Gb da 5400rpm e 8 mega di cache. Ma quando accendo il mio piccolo iBook e penso ai PC con CPU multicore e 2Gb di RAM che arrancano per tenere dietro a Vista, mi si accende un ghigno in faccia… Insomma, grazie a queste poche e tutto sommato economiche modifiche, ho ottenuto prestazioni ottime in ogni ambito, con un’eccezione: Firefox.
Il browser di casa Mozilla, che uso e consiglio a chiunque, merita di certo tutti i complimenti che riceve dalla stampa e ha le carte in regola per crescere ancora sul mercato. Dopo averlo usato su tutti i miei PC ed essermi abituato alla comodità di alcune estensioni, l’ho installato al volo sull’iBook, che però più degli altri PC ne accusa il peso elefantiaco. Malgrado numerose re-installazioni e aggiornamenti infatti, la release ufficiale per Mac OSX soffre di un progressivo rallentamento durante l’uso, motivato da un aumento costante della memoria allocata e da un’occupazione di processore sempre alta. Il passaggio a una release ottimizzata per PowerPC G4 – il processore del mio iBook – ha parzialmente accelerato i tempi di risposta, lasciando pressoché intatti gli altri problemi: riavvii del browser sono spesso necessari per evitare che il computer si sieda, con conseguenze nefaste per tutte le applicazioni (provvidenziale in questo senso si è rivelata l’estensione “Restart Firefox”, che consente di riavviare il browser senza perdere la sessione di lavoro). Questi problemi, in uno scenario di uso mobile, compromettono gravemente la durata della batteria e rendono l’esperienza della navigazione in modalità a basso consumo semplicemente deprimente.
È per questo che ho deciso di tornare a Safari, prima di tutto quando uso l’alimentazione a batteria: il browser di casa Apple mantiene intatta la proverbiale velocità durante ore di uso e non sovraccarica mai né la CPU né la memoria, regalandomi preziosi minuti di autonomia. E poi mi dà un gusto incredibile percepire gli effetti dell’ottimizzazione del codice, che consente a un “anziano” PowerPC G4 di dire ancora la sua!
Safari VS Firefox: la parola all’iBook
Previous Post