L’Amiga non si può ridefinire a proprio piacimento!

Il fallimento di Commodore ha lasciato uno stuolo di orfani che continuano ancora oggi a tenere viva la memoria di quelle meravigliose macchine che ci hanno fatto gioire, e fra queste un posto di rilievo è certamente quello dell’Amiga, perché ha presentato caratteristiche che hanno rivoluzionato il settore dei computer “personali”.

Infatti il sistema era talmente avanzato che è stato possibile avere perfino dei browser per navigare su internet, ed è il motivo per cui viene ancora utilizzato da migliaia di affezionati (quindi non soltanto per tornare a giocare a qualche gloria del passato).

L’aver avuto un consistente “zoccolo duro” è il motivo per cui, pur essendo la casa madre fallita, altre aziende ne hanno rilevato asset e proprietà intellettuali, cercando di dare un seguito alla piattaforma. Allo stesso modo, singoli o gruppi della comunità hanno cercato di sopperire alle carenze continuando a sviluppare software e/o hardware per l’Amiga, e persino re-implementazioni del s.o. originale.

Ciò ha anche portato alla creazione di fazioni che si sono scontrate nelle classiche guerre di pseudo-religione fra sistemi, le quali continuano ancora oggi, sebbene con sempre meno fervore a causa della sostanziale fase di stagnazione dovuta all’accresciuta consapevolezza che la piattaforma non ha più alcuna possibilità di futuro, qualunque sia il cordone ombelicale a cui si siano attaccati i simpatizzanti.

Nonostante ciò, fra i motivi delle faide ce n’è, però, uno in particolare che continua ad accendere gli animi a ogni occasione: l’Amiga. Più precisamente, cosa si intende con questo termine, considerato che c’è la fortissima tendenza a (ri)definirlo a proprio piacimento, nel psicologico (e patologico, in tanti casi) bisogno di (auto)supportare e (auto)giustificare l’uso della propria piattaforma post-Amiga (e con ciò intendo tutto ciò che si annovera dopo la dipartita di Commodore).

L’aspetto legale

Per fare un po’ di ordine sull’argomento, bisogna cominciare a sottolineare quello che dovrebbe essere lapalissiano, ma che sfortunatamente tante volte non lo è proprio, a giudicare da quel che si legge in giro: chi abbia coniato il termine e, soprattutto, a chi appartenga.

Come la storia ci ha consegnato, il termine è stato scelto dal gruppo degli inventori della piattaforma, per poi essere passato a Commodore dopo l’acquisizione della loro azienda, ed è stato registrato come marchio, assieme ad altri tre: AmigaDOS, Intuition, e Workbench.

Da notare che non lo sono stati né “AmigaOS” né “Amiga OS“. AmigaDOS, Workbench, e persino il Kickstart sono stati utilizzati al posto o come riferimento al s.o. dell’Amiga, ma il s.o. di per sé non ha avuto un nome proprio.

Va da sé, quindi, che sia di esclusiva pertinenza dell’azienda che ne detiene il marchio decidere quale prodotto possa utilizzarlo, in che modo, in quale contesto, e con quali restrizioni. Dunque Commodore finché è stata in vita, e successivamente le aziende che ne hanno rilevato le proprietà.

Sembrano cose banali, ma, a giudicare dai marasmi che circolano, sembra sia assolutamente necessario doverlo ribadire e sottolineare ancora una volta: soltanto chi possiede il marchio Amiga ha il diritto di impiegarlo come e dove vuole. Anche per vendere tostapane con questo nome…

La definizione

Fortunatamente Commodore non s’è limitata a proteggere le sue proprietà intellettuali, ma è stata anche prodiga nel pubblicare copiosa documentazione tecnica per definire in maniera abbastanza precisa in che modo siano stati realizzati, come funzionino i prodotti che si fregino di tale etichetta e, di conseguenza, cosa si definisca in tal senso.

Fonte primaria si è sempre dimostrato il famosissimo (almeno per gli sviluppatori. Si spera) “Amiga Hardware Reference Manual“, il quale già dalla copertina di chiusura riporta un’eloquente sintesi:

The Amiga Computer is an exciting new high-performance microcomputer with superb graphics, sound, and multitasking capabilities. Its technologically advanced hardware, designed around the Motorola 68000 microprocessor, includes three sophisticated custom chips that control graphics, audio, and peripherals. The Amiga’s unique system software is contained in 192K of read-only memory (ROM), providing programmers with unparalleled power, flexibility, and convenience in designing and creating programs.

Ma esattamente la stessa definizione la si può trovare in tutti gli altri manuali che sono stati pubblicati da Commodore, che fanno capo all’altrettanto famosa collana “Amiga ROM Kernel Reference Manual“. Come, ad esempio, il manuale di Exec (che si può considerare il kernel dell’Amiga).

Gli elementi chiave posti a suo fondamento sono, quindi:

  • l’hardware costituito da tre chip custom per gestire grafica, suono, e periferiche;
  • il processore Motorola 68000;
  • il sistema operativo (proprietario).

Ulteriori chiarimenti che precisano ancor meglio la situazione si trovano leggendo le pagine del manuale dell’hardware (come vedremo dopo).

Sfortunatamente la prima edizione non risulta accessibile liberamente da archive.org, per cui farò riferimento soltanto alla seconda e terza, che comunque sono sufficienti per comprendere pure in che modo tale definizione si sia evoluta per coprire i futuri modelli.

Intanto c’è da sottolineare che l’ultima di copertina cambia leggermente nella seconda edizione:

The Amiga computers are exciting high-performance microcomputers with superb graphics, sound, multiwindow and multitasking capabilities. Their technologically advanced hardware is designed around the Motorola 68000 microprocessor family and sophisticated custom chips that control graphics, audio, peripherals, and input/output to other equipment. The Amiga’s unique operating system software provides programmers with unparalleled power, flexibility, and convenience in designing and creating programs

In breve, adesso si parla di computer al plurale (prima era al singolare perché c’era a disposizione soltanto l’Amiga 1000), e per gli stessi motivi ci si riferisce alla famiglia di processori 68000 e non soltanto a quest’ultimo. Infine, invece di software di sistema, si parla di sistema operativo (ma non è niente di particolare).

Pochi cambiamenti, ma significativi, perché il plurale trasmette un’espansione della gamma e, quindi, ne delinea anche il futuro, di cui per forza di cosa si deve tenere conto (a livello di supporto e, chiaramente, programmazione).

La terza edizione risulta semplificata, avendo rimosso soltanto alcuni termini elencati (cosa sono in grado di fare i chip custom):

The Amiga computers are exciting high-performance microcomputers with superb graphics, sound, multiwindow and multitasking capabilities. Their technologically advanced hardware is designed around the Motorola 68000 microprocessor family and sophisticated custom chips. The Amiga’s unique system software provides programmers with unparalleled power, flexibility, and convenience in designing and creating programs.

L’unica differenza (comunque irrilevante) è il ritorno all’adozione di software di sistema al posto di sistema operativo. Il resto rimane intatto, anche perché non aveva alcun senso cambiarlo.

A questo punto bisogna, però, ribadire quello che dovrebbe essere un’ovvietà, ma non lo è affatto (come vedremo più avanti): gli Amiga sono dei computer. Hardware, quindi. E non software. Il software (il s.o.) vi fa parte (una porzione era memorizzata in una ROM), assieme ai chip custom e a un processore della famiglia 68000.

I modelli e i componenti di base

Cosa che viene ribadita entrando nel merito, nelle pagine introduttive del manuale, il quale si addentra in sempre più nei dettagli.

The Amiga family of computers consists of several models, each of which has been designed on the same premise — to provide the user with a low cost computer that features high cost performance. The Amiga does this through the use of custom silicon hardware that yields advanced graphics and sound features.
There are three distinct models that make up the Amiga computer family: the A500, A 1000, and
A2000. Though the models differ in price and features, they have a common hardware nucleus that makes them software compatible with one another.

La terza edizione cambia soltanto di poco, perché aggiunge l’Amiga 3000 all’elenco:

There are four basic models that make up the Amiga computer family: the A500, A1000, A2000, and A3000.

Il trend comunque è chiaro: il manuale viene aggiornato perché l’hardware si evolve, sebbene sia basato sulle stesse fondamenta. Fra le quali i chip custom che forniscono l’hardware comune a tutti i modelli. E un processore basato sulla stessa famiglia, com’è riportato quando viene fornito l’elenco dei componenti dell’Amiga:

Motorola MC68000 16/32 bit main processor. The Amiga also supports the 68010, 68020,and 68030 processors as an option.

C’è una piccola, ma sostanziale differenza per quanto riguarda i suddetti chip custom. Nella seconda edizione non vengono menzionati nell’elenco dei componenti dell’Amiga, ma subito dopo:

In addition to the 68000, the Amiga contains special purpose hardware known as the “ custom chips” that greatly enhance system performance. The term “ custom chips” refers to the 3 integrated circuits which were designed specifically for the Amiga computer. These three custom chips (called Agnus, Paula, and Denise) each contain the logic to handle a specific set of tasks, such as video, sound, direct memory access (DMA), or graphics.

Mentre nella terza edizione vengono riportati subito dopo la prima voce (quella del processore):

Custom graphics and audio chips with DMA capability. All Amiga models are equipped with three custom chips named Paula, Agnus, and Denise which provide for superior color graphics, digital audio, and high-performance interrupt and I/O handling. The custom chips can access up to 2MB of memory directly without using the 68000 CPU.

Quest’ultima edizione penso sia la più significativa, poiché cementa indissolubilmente il legame fra tali chip e il processore: non c’è Amiga senza di essi (e senza un processore della famiglia 68000)!

Cosa che, peraltro, si ritrova un po’ più avanti:

In addition to the 680×0, all Amiga models contain special purpose hardware known as the custom chips that greatly enhance system performance. The term custom chips refers to the three integrated circuits which were designed specifically for the Amiga computer.
[…]
Although there are different versions of the Amiga’s custom chips, all versions have some common features.

E che siano assolutamente fondamentali viene enormemente evidenziato di seguito:

The most important feature of the Amiga’s hardware design is the set of
custom chips that perform specialized tasks independently of the CPU.

Quindi non soltanto i chip custom devono far parte dell’Amiga, ma sono anche il componente più importante!

Un occhio al futuro

Con l’aumento dei modelli e, in generale, del diverso hardware a disposizione, Commodore ha deciso di stressare ulteriormente il concetto in un’apposita sezione dell’introduzione, in modo da rendere maggiormente edotti gli sviluppatori sulle problematiche che possono verificarsi se non se ne tenga conto opportunamente.

In particolare riporto la parte più significativa in merito:

The Amiga is available in a variety of models and configurations, and is further diversified by a wealth of add-on expansion peripherals and processor replacements. In addition, even standard Amiga hardware such as the keyboard and floppy disks, are supplied by a number of different
manufacturers and may vary subtly in both their timing and in their ability to perform outside of their specified capabilities.

Per questo motivo il s.o. assume un ruolo assolutamente centrale, e gli sviluppatori sono fortemente incoraggiati a utilizzarlo come soluzione principale:

The Amiga operating system is designed to operate the Amiga hardware within spec, adapt to different hardware and RAM configurations, and generally provide upward compatibility with any future hardware upgrades or “add ons” envisioned by the designers. For maximum upward
compatibility, it is strongly suggested that programmers deal with the hardware through the commands and functions provided by the Amiga operating system.

Quindi abbiamo visto che da un parte viene definito l’Amiga in maniera abbastanza precisa, con i componenti principali rappresentati dai chip custom e un processore della famiglia 68000. D’altra si mette in guarda dalle evoluzioni dell’hardware (che pure ci sono state da quando è stato introdotto il primo modello) e si chiede di passare principalmente dal s.o., che comunque fa parte del sistema.

E’ bene sottolineare che ciò non implica che non si debba utilizzare direttamente l’hardware e, di conseguenza, usare soltanto il s.o.. Di questo, magari, ne parleremo meglio in un futuro articolo.

Il s.o. dell’Amiga non fa (da solo) l’Amiga!

Restando sempre in tema di s.o., c’è da dire che capita spesso di veder “confondere la parte con l’intero“, la quale è una ben nota fallacia logica, purtroppo molto comune in ambito post-Amiga a causa della cessata produzione di queste macchine e col solo s.o. rimasto ormai a disposizione (essendo stato effettuato il port, chiamato AmigaOS4, su hardware dotato di processori PowerPC).

La fallacia deriva dal fatto che il s.o. è soltanto uno dei componenti dell’Amiga, com’è stato ampiamente dimostrato con dovizia di dettagli e fatti, e la sola sua presenza non può mai far diventare Amiga un qualunque altro hardware.

Bisogna ricordare ancora una volta, infatti, che l’Amiga è e rimane una linea di computer. Dunque parliamo necessariamente di hardware, e sappiamo che quest’hardware non viene più prodotto da un bel pezzo.

E non si tratta di hardware qualunque, in quanto la parte del leone la fanno i chip custom, supportati da un processore della famiglia Motorola 68000 (e solo quelli!).

Sì, il s.o. è molto importante (specialmente in ottica futura, con nuovo hardware in arrivo), ma è soltanto una delle tre parti. E se ne manca anche soltanto una delle altre due, giocoforza si non potrà più parlare di Amiga.

Conclusioni

Sfortunatamente è un concetto che risulta forse troppo difficile da digerire per uno zoccolo di duro di fanatici del s.o., i quali sono psicologicamente (e patologicamente, come già citato all’inizio) convinti che basti far girare un port del s.o. originale per sognare a occhi aperti di stare usando ancora un Amiga (inteso a livello di sistema).

Ma i problemi personali, come pure le proprie personali convinzioni, non sono e non saranno mai in grado di mutare i fatti che sono stati riportati. E, soprattutto, non possono cambiare la definizione di Amiga.

Anche perché chi ha avuto un Amiga in mano sa benissimo con cosa ha avuto a che fare e quali soddisfazioni abbia elargito. Emozioni che, per come le abbiamo vissute ai tempi, dei surrogati non possono più riprodurre…

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