Sembra incredibile: con un mercato delle console portatili ormai saldamente in mano a Nintendo, con Sony a inseguire a distanza, e con altre grandi come Atari e Sega che hanno miseramente fallito, all’orizzonte si prospetta l’arrivo di un terzo incomodo! Per giunta da parte di una sconosciuta casa che ha puntato tutto su hardware e software completamente aperti (non che sia una novità; infatti gli ideatori di questo progetto si sono ispirati a un’altra console portatile open source, il GP2X, che ha riscosso notevole successo nell’ambito dell’homebrew), realizzando OpenPandora.
Le caratteristiche sono di tutto rispetto e ben superiori anche alla PSP: processore ARM Cortex a 600Mhz (ma si parla di versioni finali a 800Mhz), DSP a 430Mhz (per l’elaborazione dei segnali audio e video 2D), GPU OpenGL 2.0 ES (per il 3D), 128MB di memoria di sistema e ben 256MB di memoria flash, e ciliegina sulla torta un display touchscreen da 4,3″ che arriva alla sbalorditiva (per questi gioiellini) risoluzione di 800×480 (la stessa dell’eeePC). Che dire: semplicemente impressionante!
L’elenco, comunque, non si ferma qui: uscita TV, microfono, Wi-Fi, BlueTooth 2.0, RS232 (!), USB 2.0, joypad, due analogici e persino una mini tastiera in formato qwerty completano un quadro che… sembra da favola. A maggior ragione se guardiamo il prezzo a cui dovrebbe essere venduto: 330 dollari, pari a 210 euro circa. Poco più di una PSP!
Ma cosa spinge un programmatore, che ha il chiodo fisso del software, a parlare di un “aggeggio” come questo? Tenersi aggiornati sulle novità del mercato è un imperativo (non ci si può certo fossilizzare sulle conoscenze acquisite), ma davanti a roba come questa la prima cosa che mi viene in mente è: che ci posso fare?
Molto. Moltissimo. Come dicevo prima, OpenPandora è basato su hardware e software “aperti”. In particolare per quest’ultimo è importante sapere che il firmware è basato su Open2X, che è una soluzione basata su kernel Linux e, quindi, apre le porte per sfruttare molto del software che gravita attorno a questa comunità, inclusi… parecchi editor di testo, compilatori, ambienti di sviluppo.
Questa, però, sarebbe tutta roba inutile se non fosse disponibile l’oggetto più caro per un coder: la tastiera. Già, perché qui, a differenza del DS e della PSP, hanno pensato bene di metterne una; piccolina e con pochi tasti oltre ai canonici alfabetici, ma è quanto basta per permetterci di smanettare ovunque ci troviamo, specialmente con linguaggi dotati di un interprete a riga di comando, che permettono di scrivere velocemente pezzi di codice da provare.
Un must, insomma, un sogno che si avvera si dirà. Niente affatto: da tempo i palmari permettono di fare le stesse cose, ma a costi decisamente più elevati e con una dotazione hardware generalmente non all’altezza di quanto offra OpenPandora (spesso, infatti, manca l’accelerazione hardware per il 2D, e il 3D è quasi del tutto assente).
Le premesse, quindi, sono eccellenti, ma rimane da vedere se riuscirà a ritagliarsi una fetta, anche piccolina, in un mercato che è letteramente soffocato da DS e, in minor parte, dalla PSP. Purtroppo anche qui torna maledettamente in gioco il fattore software: senza di esso una piattaforma potrà anche essere molto attraente, ma è destinata all’oblio. Il prezzo più elevato potrebbe essere un ulteriore motivo di penalizzazione, ma bisogna sempre considerare che si distacca poco da quello della PSP, e l’hardware è superiore.
Volete mettere il piacere di aprire in qualsiasi momento una shell con Python e iniziare a smanettare? Impagabile…