Le Olimpiadi, in generale, sono un momento in cui le nazioni mettono in campo i loro atleti migliori nella speranza di primeggiare sul resto del mondo. Per gli atleti però esiste anche un altro aspetto, non meno importante: l’enorme copertura mediatica è capace di esaltare e consegnare alla storia colui che infrange un record del mondo, almeno fino a che qualcun altro non lo supera.
Ecco, se vogliamo le olimpiadi sono un grande banco di prova per i record mondiali, dato l’alto numero di atleti ed eventi. Anche l’informatica è sempre alla caccia di record da battere, sotto forma di hardware e frequenze di clock, o Terabyte per centimetro quadrato, oppure nella forma più sottile dell’ingegneria del software e dell’intelligenza artificiale. Quando ho letto questo articolo di The Technium sul computer giocatore di Go m’è venuto in mente questo parallelo.
Il Go è un gioco molto antico originario della Cina, in cui due giocatori si affrontano su un tabellone reticolare di 19×19 caselle. Secondo wikipedia le possibili combinazioni di mosse ammontano a 4,63 per 10 alla 170, un numero spaventosamente alto che ci fa capire perché è così importante la notizia del computer che batte l’uomo: diversamente dagli scacchi, in questo gioco la mera forza bruta del calcolo delle possibili mosse è impossibile, o quantomeno non conveniente.
Per vincere è necessaria abilità, adattabilità e una sorta di “pattern recognition”, e per questo motivo molte persone hanno ritenuto che un computer non avrebbe mai potuto vincere una partita di Go contro un maestro umano.”Hanno ritenuto” ovviamente al passato, visto che il 7 agosto un software specifico chiamato MoGo, fatto girare su 800 processori da 4,7 Ghz per un totale di 15 Teraflops, ha battuto Muyngwan Kim, un ottavo dan di Go. Secondo lo sconfitto, a fine partita, il software gioca come un secondo-terzo dan, e bisogna anche dire che Kim gli ha concesso un handicap di nove pedine e che ha vinto altre due partite. Però chi ha vissuto l’era di Deep Blue e delle epiche sfide con Kasparov sa bene che questa è solo la crepa nella diga. Anzi, è la prima pedina di un gioco che andrà avanti per un po’ con risultati alterni, ma che è inevitabilmente destinato a favore dell’automa. E poi sarà il turno di quale altra attività fino ad oggi prerogativa dell’essere umano, del “è impossibile che un computer lo faccia meglio”?