Spiacerà a qualcuno apprendere che le attenzioni delle aziende ingaggiate dai titolari di copyright per spiare gli utenti di P2P, sono rivolte anche a coloro che, con trucchi contrari alla “deontologia” del P2P, bloccano l’upload dei propri file condivisi.
È questa una paradossale conseguenza della molto discussa teoria del making available – di cui abbiamo parlato qualche tempo fa in riferimento al caso Jammie Thomas – secondo la quale, per l’appunto basta rendere disponibili delle opere protette per il download, per incorrere nelle sanzioni previste.
Il caso riguarda un utente tedesco, che impiegava una versione di eMule con lo “0 upload mod” e lo teneva attivo – stando ai log di eMule – dalla bellezza di 924 giorni senza aver uploadato un solo byte. Per cotale offesa si è beccato una richiesta di danni da 700 € dalla Mediadefender, dotata come tutti sanno di un software “speciale” per sniffare i bit degli altri.
Seguendo la logica di questo approccio, se su questo blog creassi un finto link ad uno degli impareggiabili capolavori di Britney Spears, rischierei probabilmente per beccarmi una missiva con richiesta di risarcimento.
Impaurito dalla fervida creatività degli uffici legali delle major credo che mi asterrò, ma andrebbe ugualmente capito che genere di danno potrei in tal modo arrecare agli interessi dei detentori di copyright.
Nel frattempo i leecher sono avvertiti: finché la teoria del making available, non verrà smontata in sede legale, bloccare gli upload varrà loro qualche insulto e niente più.
Fonte: ArsTechnica