Quella dei touchscreen è una tecnologia che sembra esser arrivata al giro di boa: se fino a poco tempo fa, pur esistendo da una vita, era ancora poco conosciuta e poco diffusa, oggi tutti sanno cos’è e sempre più dispositivi la implementano. Contestualmente a questa crescita dell’interesse, che pare esplosiva, vi è giustamente anche una maggiore attenzione per quelli che sono i limiti dell’attuale tecnologia.
Difatti se dal punto di vista emozionale chi si trova di fronte ad uno schermo touch per la prima volta non può che rimanere positivamente colpito, razionalmente è lampante come una tastiera virtuale sia una tortura rispetto ad una fisica. Non a caso i dispositivi più costosi, pur disponendo di ampi touchscreen, integrano anche tastiere qwerty (penso agli smartphone).
La ricerca, che bene o male va di pari passo con l’interesse, è da tempo che si occupa di questo aspetto. Diverse soluzioni sono state studiate per fornire quello che viene chiamato “feedback tattile“. Il concetto è piuttosto semplice: fornire una risposta fisica a ciò che è virtuale, proprio perchè il virtuale rappresenta un dispositivo fisico.
Questa idea, anche se solo abbozzata, la si trova già nella Wii: nei menù, nella navigazione in Internet, nella tastiera quando con il cursore si attraversa la soglia di una zona cliccabile il Wiimote vibra. Pur essendo una cosa da poco, la percezione cambia di parecchio. Senza questa piccola, banale feature, tutto sarebbe molto più piatto.
Uno dei protagonisti nella ricerca sui touchscreen tattili è senza dubbio Nokia, che è andata oltre ai brevetti e ha già mostrato dei prototipi. A novembre dell’anno scorso il Red Ferret Journal pubblicò un articolo con le (ottime) impressioni d’uso di un prototipo dell’N770 dotato della tecnologia “Haptikos”. Questa particolare soluzione è concettualmente piuttosto semplice: lo schermo intero è stato difatti dotato di 0,1 mm di libertà di movimento, vincolato da due sensori piezoelettrici.
Scopo di questi è di rilevare l’eventuale pressione del dito e quindi di fornire, agendo quindi come attuatori, l’adeguato feedback. Come spesso accade però ciò che fa la differenza sono i dettagli, e difatti lo stesso Senior Program Manager dei laboratori di ricerca Nokia sottolineò come la difficoltà maggiore fosse stata la calibrazione del sistema, che per fornire una risposta credibile doveva risultare perfetta (ivi compresa la sincronizzazione con la riproduzione del suono del click).
Il colosso finlandese non si è fermato qui. Proprio in questi ultimissimi giorni sta circolando in rete la notizia di un suo brevetto che va ben oltre la tecnologia appena presentata. Il concetto per alcuni versi è simile, ma non viene applicato più a tutto lo schermo, bensì indipendentemente a tantissime piccole pretuberanze.
Queste nient’altro sarebbero il risultato della pressione su di uno strato elastico trasparente di microscopici compartimenti riempiti da liquido incolore, spinto da attuatori piezoelettrici. Il risultato sembra notevole: non solo diventa possibile “materializzare” bottoni o altri elementi virtuali definendone i contorni (cosa che l’incarnazione attuale della tecnologia tattile di Nokia non permette), ma, controllando indipendentemente le varie pretuberanze, pare si possa anche simulare diversi gradi di ruvidità della superficie.
Non so dire quando questa tecnologia sarà implementata in prodotti commerciali, ma una cosa è chiara: quando saremo vecchi dovremo evitare come la peste le fotografie. Passino i miliardi di pixel di cui disporranno i sensori del 2060, in grado di catturare ogni singola nostra ruga: ma che queste si possano anche toccare no.