Una delle discussioni più accese degli ultimi tempi su questo blog è stata quella relativa alla messa in funzione del Large Hadron Collider (LHC), di cui vi avevo rendicontato a fine Marzo.
La sostanza del problema, lo riassumo brevemente, sta in una causa intentata da due ricercatori per rallentare o impedire che l’LHC inizi a far scontrare particelle elementari, a causa dei sospetti che possano essere generati buchi neri che potrebbero danneggiare il pianeta.
La mia posizione l’ho espressa in quel post – credo fermamente nella scienza ma pretendo sicurezze crescenti al crescere dei rischi – ma oggi arriva un rapporto che ridimensiona la questione, e da buon divulgatore ve ne informo.
Il pdf, disponibile sul sito del CERN anche in una versione studiata per essere compresa dal grande pubblico, è redatto dal Gruppo di Valutazione di Sicurezza del LHC e sostanzialmente paragona l’energia sprigionata dallo scontro di due particelle a quella prodotta dallo scontro di due mosconi, oppure molto più scientificamente a quella sprigionata da un raggio cosmisco che colpisce la Terra con un intensità di 10 alla 17 elettronvolt.
E’ tanto, è poco? precedenti misurazioni scientifiche hanno visto raggi cosmici colpirci con una intensità di 10 alla 20 elettronvolt, per cui il rapporto conclude con una rassicurazione.
E’ però vero che questo fenomeno è diverso da quelli naturali che si svolgono da miliardi di anni in natura perché è provocato dall’uomo, e il rapporto si lascia aperta la possibilità che ci venga mostrato un fenomeno di cui non siamo ancora a conoscenza, sebbene con una probabilità molto bassa: la natura conduce test di questa portata da migliaia di anni – sembra dirci il rapporto – e la Terra esiste ancora…
L’ultima parte di questo rapporto smonta una per una le teorie più in voga relative al modo preciso in cui la Terra sarebbe distrutta secondo i catastrofisti (buchi neri, bolle di vuoto, eccetera), e pretende di farlo in modo scientifico.
Come detto all’inizio di questo articolo e nei commenti del vecchio io non mi sento e non voglio interpretare il catastrofista, ma poiché si parla di un rischio grande, voglio una garanzia grande: se proprio devo essere sincero essendo la fonte di questa ricerca interna al LHC qualche dubbio mi rimane, ma confido nella buona fede dei ricercatori.
L’altro fatto certo è che le ricadute tecnologico-scientifiche di queste ricerche sono decisive per il progresso tecnologico, che sempre più spesso ha bisogno di miniaturizzare e quindi di comprendere l’infintamente piccolo; la strada è quella, ne sono certo. Vorrei solo che fosse anche percorsa in sicurezza…
[fonte e foto: Ars Technica]